Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
15 dicembre 2013 7 15 /12 /dicembre /2013 10:45

Fino a che non finirà di occuparsi di scuola e di economia, lo Stato dei porconi avrà a che fare con forconi... 

Nereo Villa Opere

Necessaria premessa: non so nulla di - e non sono in rapporto con - il movimento dei forconi. Questo video ed il precedente ("Forconi ed esplosioni di ruote infuocate") non intendono affiancarlo. La mia osservazione sui forconi è completamente spregiudicata, ed intende solo osservare come faccio da sempre (dal 1999 circa) che le proteste (comprese le proteste senza proposte) sono un continuum proveniente da molto lontano, e precisamente dal periodo post bellico della prima guerra mondiale in cui si parlava della famosa "questione sociale". I punti essenziali di essa non sono mai stati capiti da alcun politico, anche se di fatto siamo già nella terza guerra mondiale che si presenta in modo occulto. La comprensione di quei punti mi permise in tempi non sospetti (2002) di apporre sotto il "voltone" di entrata nel mio paese (Castell'Arquato, PC) il seguente messaggio: "Eurotruffa by night. Euro truffa by day. Europa = Soviuet. Visto che tutti dicono che siamo in una grande democrazia come mai non ci hanno fatto votare come in Svezia per l'entrata in Europa? Può essere considerata democratica una democrazia imposta? Nereo Villa" (Gennaio 2002) e di scrivere al quotidiano piacentino "Libertà" diversi aspetti della medesima questione.
Questa è dunque la mia opinione: la scontentezza di tutti (compresa anche quella di chi oggi è costretto a turarsi il naso per restare nel proprio partito) è un sintomo importante della medesima esigenza sociale che chiamo triarticolazione sociale, o tri-unità dei poteri sociali, o tripartizione della società, nella quale lo Stato dovrebbe costituire un solo terzo. Gli altri due terzi, l'economia e le scuole, non dovranno più in futuro essere generate dallo Stato, che per essere di diritto, dovrebbe occuparsi solo di diritto.

* * *

Lo Stato plenipotenziario dei porconi dovrà rinunziare ad amministrare la vita culturale, cioè le scuole, e ad ingerirsi nell'economia.

Quando veramente avverrà quello che dovrebbe avvenire sorgeranno delle vere scuole private.

Allora lo Stato dei porconi, se vorrà ancora fare resistenza, per esempio come ha fatto fino adesso tramite l'assurdità della parificazione delle scuole private alle scuole di Stato, parificazione che non è altro che gattopardismo, dovrà continuamente fare i conti coi forconi.

Lo Stato dei porconi non dovrà nemmeno opporre resistenza al fatto che la vita economica si appoggi sulle sue proprie fondamenta.

Le scuole di Stato e le istituzioni economiche andranno gradualmente demolite perché lo Stato plenipotenziario non può che demolire sia la cultura che l'economia.

Nel finire del XVIII secolo era sorta l’aspirazione verso una nuova costituzione della società.

Quindi si proclamarono, come un segno di questa nuova organizzazione, le tre parole famose: Fratellanza, Uguaglianza, Libertà.

La storia però dimostra che realizzare in un organismo sociale unitario queste idee di fratellanza, uguaglianza e libertà è impossibile.

L'organismo esige di essere tri-unitario, se no questi tre impulsi sono in reciproca confusione e contraddizione.

È per esempio impossibile che, realizzandosi l'impulso dell'eguaglianza, possa realizzarsi anche quello della libertà che pure ha le sue basi in ogni essere umano.

Io sono uguale a te nel diritto: i tuoi e i miei diritti devono essere gli stessi. Non così per la mia libertà di studiare qualcosa. Se io studio una cosa più di te, avrò più possibilità di conoscerla di quanto hai tu. In questa conoscenza della cosa non possiamo essere uguali. Lo stesso può essere detto della fratellanza, in base alla quale la divisione del lavoro prevede vari tipi di attività basata su talenti specifici. Io mi associo a un gruppo di persone in base a un mio talento individuale, non in base a uguaglianza o a libertà.

Uguaglianza, libertà, e fraternità, sono come tre fiumi aventi un differente alveo. Rispettivamente, l'alveo del diritto, quello della cultura, e quello economico. Se le acque di questi fiumi scorrono in alvei diversi dai propri vi è contraddizione.

Questa contraddizione sorge per il fatto che il vero significato sociale di questi tre ideali emerge soltanto dal riconoscimento della necessaria triarticolazione della società, dei poteri della società.

Queste tre unità non necessitano di essere riunite e accentrate in un astratto e teorico parlamento o in altra unità di questo tipo.

Devono essere una realtà vivente.

Ciascuna di queste unità, per essere vivente esige di essere accentrata in sé.

Soltanto dalla loro azione parallela e comune potrà poi risultare l'unità di tutto quanto l'organismo sociale.

Nella vita reale concorre a formare l'unità proprio ciò che apparentemente
si contraddice.

Perciò arriva a capire il sociale solo chi in base a logica di realtà sa vedere nel sociale i rapporti di fratellanza, di uguaglianza e di libertà.

Allora si riconosce che:
- la cooperazione degli uomini nella vita economica (anzi la cooperazione dei soci della società, e dei soci effettivi, non minimali della società) necessita di fondarsi su quella fratellanza che sorge dalle associazioni;
- il sistema di diritto pubblico, riguardante i rapporti puramente umani che esistono da uomo a uomo necessita di attuare l'idea di eguaglianza (attuare vuol dire realizzare che ci sia davvero uguaglianza fra gli uomini).
- che la ricerca culturale necessita di attuare l'impulso alla libertà.

Considerati sotto questo punto di vista, questi tre ideali manifestano il loro effettivo valore.

Non si possono però realizzare in una vita sociale caotica, ma soltanto in un organismo sociale sano, cioè triarticolato come ho detto.

Condividi post
Repost0
12 dicembre 2013 4 12 /12 /dicembre /2013 12:49

La plenipotenza è la facoltà assoluta di trattare ed ultimare qualunque affare, delegata dai governi di un Paese.

La rivolta dei forconi è uno dei tanti risultati di tale attività plenipotenziaria: volendosi occupare di soldi, lo Stato plenipotenziario blocca ogni iniziativa economica imponendo alle imprese tasse su tasse e/o burocrazie su burocrazie.

Per fare un esempio nella fisiologia umana di questo grave morbo sociale è un po' come se il cuore di una persona crepasse ed esplodesse per essersi attivato nei rapporti fra nervo e nervo (sinapsi) delocalizzando la propria sede dal torace alla testa.

La natura cardiaca non è "plenipotenziaria" e necessita di un solo potere: quello del funzionamento delle "valvole". Se le "valvole" battono in testa, le reazioni sono tre: cefalea e progressivo stordimento fino alla morte, blocco cardiaco, e blocco metabolico dell'ATP.

Affinché la triarticolazione fra torace, testa ed estremità del corpo umano funzioni è necessario che che questi tre ambiti funzionino ognuno nella propria sede naturale.

Le cose stanno così anche nell'organismo sociale. Lo Stato di diritto, per funzionare, non ha bisogno di essere plenipotenziato. Ha solo bisogno di aprire e chiudere le "valvole" giuridiche secondo lo swing del proprio tempo, cioè andando a tempo con la cultura del momento storico presente, e con la relativa divisione del lavoro fra gli uomini, ognuno secondo il loro talento...

PS per Brian Auger: Ciao Brian, mi hanno detto che ti sei ricordato di me - negli anni '70 avevamo gli stessi impresari (Walter Benenti e Luciano Bonfiglioli) e ad Alassio ti prestai il mio Pari per un tuo concerto perché il tuo Hammond era fermo alla frontiera svizzera. Mi ha fatto piacere. Spero che il tuo Hammond continui a funzionare bene! :D Un grande abbraccio fraterno. Jerry (alias Nereo Villa). PS: Stanotte ho creato questo video pensando ai bei tempi!

Condividi post
Repost0
9 dicembre 2013 1 09 /12 /dicembre /2013 13:57

Dal 2002 ripetevo nel web ciò che il M5S affermava nel 2013: che l'entrata nella moneta unica avrebbe dovuto essere messa ai voti. Votare ora per uscire, senza avere ben chiara l'idea della triarticolazione sociale (vera rivoluzione culturale) è inutile (cfr. "Uscire dall'euro senza idee - Nevrosi e psicosi"). Forse fra altri 11 anni il M5S se ne renderà conto?

 

Condividi post
Repost0
6 dicembre 2013 5 06 /12 /dicembre /2013 13:57

Quando in nome della preminenza del concetto rispetto all'oggetto di percezione si dichiara automatica la rappresentazione, si afferma implicitamente automatico anche il relativo concetto, dato che la rappresentazione non è altro che un concetto "individualizzato" (Rudolf Steiner, FdL, cap. 6°, § 6).


Questo è l'errore dello spiritualista che nella sua missione del "dotto" (attivismo) crede di far fuori in tal modo l'oggetto di percezione, la percezione materiale, minerale, il materialismo, ecc., come mali da combattere. Ma questi non sono il male. Sono solo il lato della realtà da sperimentare mediante l'io, lo spirito.


Il male è l'anacronistico attivarsi per crociate antimateria, senza accorgersi che tale operare è attivismo materialistico, avente di fronte a sé l'antimateria reale, data dalla concretezza stessa del vivo pensare.


Per Fichte l'inesistenza di un mondo esterno consisteva nell'interpretazione del mondo esterno come non-io. Ma questa è cecità volontaria, in quanto è impossibile interpretare una cosa come non-cosa.


La figura di Edgar Rubin è detta ambigua o doppia, perché vi si può vedere a piacere tanto una cosa quanto un'altra: si vede ciò che si vuole (i due profili o il vaso) per il semplice fatto che gli oggetti di percezione diventano rappresentazioni NON in modo passivo o automatico, bensì a seconda dell'immissione di volontà nel pensare individuale.


La consapevolezza di tale immissione di volontà nel percepire ordinario sfugge all'uomo primitivo, il quale, credendo che la rappresentazione sia qualcosa di meccanico, di passivo, di automatico o di dato dalla natura, la scotomizza (la mette in ombra) assieme ad ogni contenuto percepibile per esaltare romanticamente lo spirito (spiritualismo assoluto) o l'idea (idealismo assoluto).


Questo fenomeno percettivo, già rilevato nell'antichità, e divenuto famoso nel 1915 grazie allo studioso danese Edgar Rubin, dimostra la variabilità percettiva in cui entra in gioco la soggettività dell'osservatore e, soprattutto, che non è il cervello il soggetto del percepire ma l'io umano.


L'oggetto di percezione, detto semplicemente "percezione" da Steiner, diventa dunque rappresentazione non in modo passivo o automatico o meccanico. Di fronte alle cose occorre sempre un cambio di prospettiva dell'attività interiore individuale, dato che la prospettiva esterna non cambia e la figura è quella che è, cioè gli stimoli che raggiungono gli occhi sono sempre gli stessi.


È l'io quindi che, muovendo il pensare, giudica tali stimoli una volta come “vaso”, l’altra come “due profili”, una volta come "donna giovane", l'altra come "donna vecchia, ecc.
Questa dinamica vede l'uomo come colui che porta incontro ai medesimi stimoli concetti diversi, che generano poi due diverse rappresentazioni le quali, proiettate all’esterno, si traducono in immagini percettive diverse.


Le ambiguità e/o gli inganni delle figure che prendono forma dall'"aggregato sconnesso di oggetti di sensazioni" ("Aggregat von Empfindungsobjekten", ibid., cap. 4°, §10) derivano dalla sfera del pensare e dei concetti, e non - come credono gli anacronisti oscurantisti della new age antroposofista - da quella della percezione.


Come l'autoinganno degli anacronisti oscurantisti bruciava vivo Giordano Bruno nel 1600 a Roma nel Campo dei Fiori, in nome dell'antico monismo, allo stesso modo l'autoinganno di anacronisti oscurantisti incendiava il primo Goetheanum di Steiner la notte del 31 dicembre 1922 (a Dornach venivo a sapere nel 1980-81 dal custode del nuovo Goetheanum che tali operatori del dolo erano gesuiti).


Oggi, terzo millennio, l'avversione a Rudolf Steiner è mascherata, ma persiste nelle fila di coloro che insegnano la Dottrina della scienza di Fichte come scienza dello spirito di Steiner...

Condividi post
Repost0
2 dicembre 2013 1 02 /12 /dicembre /2013 10:24

Compito dello scienziato non è quello di esporre concetti o idee secondo l’uso romantico della metafora, della metonimia, della sineddoche, o di quanto opera spostamenti di significati. Compito dello scienziato è al contrario quello di non cadere in alcuno di questi usi, che sono tanto invenzioni formalistiche nei campi dell’arte poetica, della retorica e della mistica, quanto superficialità in quelli della scienza ordinaria e scientifico-spirituale, in cui si esige invece tutt’altra ricerca. Chi procede indifferentemente nei due campi (logica formale o intellettuale, e logica di realtà) attraverso criteri del primo nel secondo o viceversa, genera confusione, tanto più quando si mira a mistificare la scienza dello spirito come dottrina della scienza secondo confessioni religiose e romantiche o, addirittura, a mistificare la libertà come "streben" del dover essere liberi. Questo errore di pensiero è tipico di coloro che, confondendo romanticamente la conoscenza ordinaria con la conoscenza immaginativa, può eristicamente permettersi di dire tutto e il contrario di tutto, mediante l'assolutizzazione dei concetti.

Condividi post
Repost0
26 novembre 2013 2 26 /11 /novembre /2013 17:52

Se la realtà è data dal mondo come percezione da un lato, e dal mondo come concettualizzazione dall'altro, assolutizzare uno di questi due mondi è sbagliato. Assolutizzare il primo è infatti "materialismo", mentre assolutizzare il secondo è "immaterialismo", cioè quell'idealismo o spiritualismo assoluti, che condurrebbero ad essere perennemente "in un sogno che nel sogno dipende da se stesso" (Johann Gottlieb Fichte, "La missione dell'uomo").

Chi assolutizza i concetti come realtà assolute non può poi anche sostenere che tali realtà sono incomplete perché, così facendo, dimostra di essere fuori dalla realtà, cioè in quel sogno. I concetti di "supercazzola prematurata" o di "posterdato di toio" presenti nel film "Amici miei" sono esempi di tale sogno, che in quanto sogno ne costituiscono la comicità di mere convinzioni dialettiche prive di contenuto.

Chi nel terzo millennio predica "La filosofia della libertà" di Steiner ancora con le categorie del "darsi una mossa" e dell'assoluto del "Sistema della dottrina morale" di Fichte (1798) è molto simile al sognatore della "supercazzola, solo che non scherza come fanno i personaggi del film "Amici miei" ma nemmeno si accorge di essere entrato nel sogno di quell'attivismo fichtiano.

Quando l'io entra in contatto col non-io si verifica per Fichte un "urto", per cui l'io percepisce una resistenza.

Nasce da qui la sognante teoria fichtiana dello "sforzo". Questo sforzo genererebbe l'attivismo che opporrebbe all'ostacolo (non-io) se stesso (io).

In tale contesto, questo sognatore della "supercazzola" chiama l'attività di opposizione a se stessa il "darsi una mossa" che, plasmando l'indeterminato, vale a dire l'aggregato sconnesso di sensazioni, colori, odori, impressioni, ecc., del non-io urtante (l'oggetto di percezione prima che l'io gli abbia dato un nome, per esempio quella data rosa), come Fichte, fa in modo che sia l'io a plasmare il non-io, e non viceversa.

In base a queste premesse obsolete, il sognatore arriva poi ad affermare il dovere morale come libertà, col quale l'io realizzerebbe la sua indipendenza dal mondo naturale, anche se ogni volta che l'io supera un non-io, ne ricompare un altro, e quest'altro sforzo, quest'altra tensione (o quest'altro darsi una mossa verso la libertà) costituirebbe per lui come per Fichte un compito tanto infinito e titanico, quanto romantico.

La morale di Fichte e del sognatore della "supercazzola" è l'idealismo etico, ed è basata su attivismo, intraprendenza, e lavoro, cioè sul "darsi una mossa" all'infinito fino all'infinita flessibilità dell'io.

Ma come la storia ha dimostrato, si tratta di una flessibilità che in realtà è sostanzialmente schiavitù, creduta "immaginativa morale" o "fantasia morale", che non c'entrano affatto con tale moralismo fichtiano.

La "morale" steineriana non esiste. Esiste tutt'al più come individualismo: individualismo etico, in cui l'immaginativa morale è quella creata dall'individuo all'occorrenza, e che può essere flessibilità in un caso ma può essere anche inflessibilità in un altro caso, o può essere altro ancora se l'individuo stabilisce per sé un altro libero comportamento morale.

In altre parole, l'individualismo etico non abbisogna di alcun dovere, neanche del fichtiano "dovere morale-libertà", in quanto prende coscienza dell'antitesi essenziale fra dovere e libertà...

Ad un certo punto di una sua conferenza, il sognatore della "supercazzola", riassumendo nel terzo millennio il concetto di monismo del capitolo 10° de "La filosofia della libertà" di Rudolf Steiner, fa le seguenti dichiarazioni: "Questa è la VERTIGINE del pensare puro [...] nel pensare puro mi trovo all'inizio del mondo dove io dico "Il triangolo sia" e il triangolo fu [...] Il primo che ha creato il concetto di triangolo, da dove l'ha creato? Non c'era. Da lì si vede che il pensare è creazione in assoluto. Perché prima che il Logos creasse il concetto di triangolo, il concetto di triangolo non c'era. Da dove lo crea? Dal nulla lo crea. Dal nulla. Quindi il pensare puro è la creazione dal nulla" (11° Seminario tenuto a Rocca di Papa, Roma, tenuto da Pietro Archiati, 3-5 febbraio 2012).

Più che una "VERTIGINE", questa è una menzogna! Infatti per Steiner "la matematica tutta quanta, la geometria, nascono dal nostro sistema di movimento" (R. Steiner, "Nascita e sviluppo storico della scienza", Milano, 1982).

Ciò significa che matematica e geometria sono estratte DAL NOSTRO SISTEMA LOCOMOTORIO (ibid. 3ª conf., Dornach, 26 dicembre 1922), dunque NON dal "nulla".

Certamente il cattolico potrà anche obiettare che matematica e geometria provengono dal "nulla" in quanto ritiene che anche il nostro sistema locomotorio sia creato dal nulla. Davvero "VERTIGINOSO"!

Questa obiezione può però essere valida solo per un credente! Un credente nella creazione dal nulla.

La scienza della libertà di Steiner non ha però nulla a che fare con contenuti di fede o con confessioni religiose. Se no che scienza sarebbe?

Dunque se vogliamo attenerci alla logica di realtà, la matematica e la geometria non nascono PER NULLA dal nulla!!! Il neonato impara la retta già nella suzione del latte materno… È un apprendere ancora in un mondo di sogno ma è un apprendere, tant'è vero che poi si risveglia subito quando incomincia a tracciare un'asta su un foglio… La mera logica formale del sognatore, mediante la quale egli si crede un padre eterno nel poter dire tutto e il contrario di tutto, è ben altro!

Che poi un essere - come sostiene il sognatore -  abbia detto "il triangolo sia", e che poi il triangolo sia comparso dal nulla, questa è pura elucubrazione, sogno non consapevole in cui d'abitudine egli assolutizza fichtianamente i concetti.

Tranne che per gli assolutisti, i concetti non furono, non sono e non saranno mai degli assoluti, dato che furono, sono, e sempre saranno perfettibili.

Un esempio: oggi viviamo un più perfetto concetto della nostra posizione cosmica: il geocentrismo ha lasciato il posto all'eliocentrismo, e l'eliocentrismo ha lasciato il posto alla comprensione del fatto che ci troviamo in un universo in espansione.

Invece stando alle parole del sognatore, l'evoluzione sembra non esistere proprio. Per esempio, ad un certo punto, qualcuno del pubblico gli chiede maggiore concretezza in merito a matematica e geometria. Ne nasce una diatriba che si conclude con la negazione della percezione e della rappresentazione, e con l'esaltazione del concetto assoluto di concetto: "È nel concetto di concetto che il concetto concepisce l'unità di un'infinità di elementi che altrimenti, senza il concetto sarebbero dispersi [...]".

Ma che risposta è mai questa?

Per me è davvero esilarante pensare che oggi al mondo ci sia ancora un fichtiano talmente convinto dell'esistenza di un essere assoluto, creatore del concetto di triangolo dal nulla, da dire che nel concetto di concetto, il concetto concepisca qualcosa, cioè un altro concetto! È semplicemente pazzesco!

Poi afferma: "Stando alla filosofia della libertà [...] per avere la rappresentazione devi avere la percezione, ma per avere il concetto di triangolo non hai bisogno di nessuna percezione; basta il concetto [...]. Nella filosofia della libertà c'è questa frase: "Si può avere il concetto di leone senza mai avere percepito un leone".

Steiner scrive: "Il mio concetto di un leone non è formato a partire da mie percezioni di leoni; ciò che invece devo alla percezione è la mia rappresentazione del leone. A chiunque non abbia mai visto un leone io posso INCULCARE il concetto di un leone. Di trasmettergli una rappresentazione vivente non mi riuscirà senza la sua propria percezione" (R. Steiner, "La filosofia della libertà", cap. 6°, §4: "Mein Begriff eines Löwen ist nicht aus meinen Wahrnehmungen von Löwen gebildet. Wohl aber ist meine Vorstellung vom Löwen an der Wahrnehmung gebildet. Ich kann jemandem den Begriff eines Löwen beibringen, der nie einen Löwen gesehen hat. Eine lebendige Vorstellung ihm bei-zubringen, wird mir ohne sein eigenes Wahrnehmen nicht gelingen").

A me pare che Steiner scriva non per assolutizzare il fatto che per il mio concetto di leone io non abbia bisogno di percepirlo, bensì per dire che non posso derivarlo "da mie percezioni di leoni". Infatti solo sperimentandolo prima come rappresentazione, vale a dire come concetto individualizzato - cosa che avviene solo grazie al percepire l'oggetto di percezione, cioè quel dato leone - posso sperimentarlo poi come concetto. In altre parole, se io vedo una cosa, posso, sì, raccontarla concettualmente a te che non l'hai mai vista, ma non potrò mai far passare da me a te la rappresentazione vivente di quella cosa senza la tua viva percezione di essa.

Questo però è l'esatto contrario di quanto comprende il sognatore quando dichiara che in quell’affermazione di Steiner (ibid. cap. 6°, §4) starebbe scritto che per avere un concetto non c'è bisogno di percezione. Se ciò fosse vero, come mai allora, al 12° capitolo, Steiner scrive che a nessuno dovrebbe venire in mente "di affermare che può derivare dal proprio concetto di protoamnioto quello di rettile con tutte le sue caratteristiche, pur non avendo mai visto un rettile"? (R. Steiner, op. cit., Cap. 12°, §5).

Se in questa affermazione di Steiner si prova a sostituire il rettile col leone si potrebbe ottenere quest’altra, vale a dire che a nessuno dovrebbe venire in mente di affermare di poter derivare da un proprio concetto quello di leone pur non avendo mai percepito un leone! Ebbene, al sognatore della supercazzola viene proprio in mente di poter affermare ciò quando dice di leggere in Steiner che "Si può avere il concetto di leone senza mai avere percepito un leone"!!!   

Se questo mio ragionamento è giusto, ho appena dimostrato che si può predicare e spiegare la scienza di Steiner facendo dire ad essa esattamente l'opposto di quanto vi si trova scritto. In che modo? Basta assolutizzare i concetti e il gioco è fatto, un giorno si può dichiarare una cosa e il giorno dopo il suo contrario. Tutto e il contrario di tutto. Ma questa è la scuola di Fichte, e in genere dell’eristica (arte di avere sempre ragione con le parole), non di Steiner.

Per Steiner ogni concetto è caratterizzabile sempre meglio perché anche questo aspetto migliorativo dei concetti rientra nell’evoluzione. I concetti non sono mai degli assoluti per chi sa orientarsi in senso evolutivo.

Invece il concetto del sognatore non è altro che una definizione, cioè qualcosa di morto, o di esaustivo avente in sé la fine della propria perfettibilità.

Come mai il sognatore fa questo errore di credere definizione il concetto? A me pare che le cose stiano così: il concetto è forma che non possiede una forma specifica. Perciò parlare, come fa il sognatore, di "concetto di concetto"risulta alienante. I concetti non hanno forma. Sono le forme essenziali delle cose. Io posso rappresentarmi UN leone ma non IL leone come concetto assoluto. Il concetto è forma in potenza ma non in atto. Affinché IL leone possa prendere concettualmente forma in me, devo per forza di cose passare dal piano concettuale a quello immaginativo o rappresentativo. Questa è la dinamica caratterizzata da Steiner là, dove scrive che il concetto di un leone non lo si può derivare da percezioni del leone (R. Steiner, op. cit., cap. 6°, §4).

Un leone, come ogni altra cosa, ha una forma.

Ciò che conferisce l’essenziale a una cosa è la sua forma.

Contrapponendo un concetto a ciò che i miei sensi colgono di quella cosa trovo la sua forma essenziale solo se quel concetto riesce ad evocare universalmente quella data cosa.

Infatti l'universalità di un concetto non è altro che la forma essenziale di quella data cosa a cui il concetto fa riferimento.   

Ciò che il concetto ha come vera e propria sua forma proviene da me in quanto  soggetto, quello che invece il concetto ha, come contenuto, proviene dalla cosa in quanto oggetto.

Infatti, ai tempi della Scolastica si sarebbe detto che il concetto è fondato "formaliter" nel soggetto, e "fundamentaliter" nell'oggetto. Allora occorreva avere un'idea precisa dei limiti di un concetto, ed era stata perfino trovata una via verso una tecnica concettuale altrettanto precisa: "Se questa via fosse stata seguita, senza lasciarsi imprigionare, prima dall'averroismo, e poi dal kantismo, si sarebbero raggiunte due cose. Prima cosa: una teoria della conoscenza, sicura in se stessa. Seconda cosa: la comprensione al posto del fraintendimento di spiriti come Ficthe, Shelling, ed Hegel, dei quali si dice ancora oggi che essi hanno intessuto un mondo di concetti astratti, proprio perché si è ancora irretiti nel kantismo" (R. Steiner,  "Filosofia e antroposofia", Ed. Antroposofica, Milano, 1980).

Questo diceva Steiner nel 1904 ma le cose dette allora sono ancora attuali, soprattutto per i "sognanti" di oggi che assolutizzando eristicamente i concetti rifiutano il risveglio!

Proprio perché il concetto è sempre perfettibile: "ogni ampliamento della cerchia delle mie percezioni rende necessario che io corregga la mia immagine del mondo" (R. Steiner, op. cit., cap. 4°, §13: "Jede Erweiterung des Kreises meiner Wahrnehmungen nötigt mich, mein Bild der Welt zu berichtigen").

Dovremmo quindi sempre trasmettere i nostri concetti mediante il nostro percepire, dato che solo in tal modo si entra nella logica della realtà consistente di percezione e concetto là, dove per "percezione" si intende non un concetto astratto ma la cosa, l'oggetto percepibile ("Dato che vi sono oscillazioni di significato nell'uso della lingua, mi sembra imperativo intendermi col mio lettore circa l'uso di una parola che devo usare qui di seguito. Sopra ho nominato gli oggetti di sensazione immediati: chiamerò questi - in quanto il soggetto cosciente ne prenda atto tramite l'osservazione - PERCEZIONI. Perciò designo con questo nome non il processo di osservazione, ma l'OGGETTO di questa osservazione"; R. Steiner, op. cit., cap. 4°).

Questa spiegazione di Steiner, se la si vuol vedere, è l'esatto opposto della comprensione assolutizzante del sognatore.

E ciò è avvalorato anche dalla conclusione del capitolo in cui si parla del concetto di leone citato da detto sognatore: "Il sentimento è il mezzo attraverso cui i concetti anzitutto acquistano VITA concreta" (R. Steiner, op. cit., cap. 6°), dato che il sentimento non è altro che un elemento del percepire!

Il monismo di pensiero mostrato da Steiner nella sua filosofia NON è dunque un pensare assoluto, cioè disciolto ("ab-solutus" = "di-sciolto") dal sentire, ma un PUNTO DI ARRIVO in cui il pensare ed il sentire generano evoluzione dell'essere umano, essenziale se non ci si vuole perdere in mere astrazioni di un "pensare puro" astrattizzato senza alcuna connessione con la relativa esperienza reale nella nostra propria vita. Infatti senza l'elemento della percezione non è possibile accogliere l'evoluzione a cui ha portato il copernicanesimo: "L'immagine che gli antichi si erano fatti riguardo alla relazione della terra col sole e con gli altri corpi celesti, dovette, da Copernico, essere sostituita con un'altra, perché non coincideva più con PERCEZIONI che non erano state conosciute prima" (R. Steiner, op. cit., cap. 4°).

Steiner parla dunque di percezioni che non hanno caratteristiche di impercepibilità come quelle predicate dal sognatore quando afferma la non realtà dell'eliocentrismo (11° Seminario tenuto a Rocca di Papa, op. cit.). L'eliocentrismo dal 1851 fu infatti considerato reale grazie al famoso esperimento del pendolo di Foucault, che realizzò poi, dopo solo un anno, nel 1852, il giroscopio, nel quale divenne percepibile che l'asse del suo rotore segue sempre le stelle fisse. E proprio perché perfino la teoria eliocentrica dimostratasi reale, oggi risulta anch'essa inesatta perché siamo arrivati a conoscere che nella realtà dei fatti nemmeno il sole, il sistema solare, né la Via Lattea sono immobili, ma che l'intero universo è in via di espansione, non bisognerebbe mai assolutizzare i concetti.

Assolutizzare i concetti è un errore: è eristica del trasformismo dell'animale sociale, sempre più animale, e sempre meno sociale!

E il pensare puro?

Certamente il pensare puro non va creduto, né assolutizzato attraverso un non percepibile creatore dal nulla.

Il pensare puro può solo essere SPERIMENTATO.

Per la giusta considerazione di come sorga il concetto puro in contrapposizione alla percezione, ripropongo la seguente immaginazione di Steiner (non ricordo ora la citazione).

Si immagini di voler formare il concetto del cerchio. È possibile fare questa esperienza in due modi, attraverso i soli cinque sensi riconosciuti dalla fisiologia ufficiale, oppure attraverso gli altri sette sensi che la fisiologia ufficiale deve ancora riconoscere. Nel primo caso, si può sperimentare il cerchio navigando per esempio sul mare finché tutt'intorno non si veda che acqua. In questo modo, è tramite l'oggetto di percezione che ci si può formare la rappresentazione di un cerchio. Nel secondo caso, si può arrivare al concetto di cerchio senza fare alcun appello ai cinque sensi ordinari, ma costruendo nel proprio spirito, la somma di tutti i punti che sono ugualmente distanti da un punto dato. Per formare questa costruzione che si svolge totalmente nell'intimo della vita del pensiero, non c'è bisogno di fare appello a qualcosa di esteriore; e poiché questo è assolutamente pensiero puro, in senso aristotelico, "pura attualità", c'è bisogno soltanto del senso del pensiero, che è uno dei sette sensi, che la scienza ufficiale della scuola dell'obbligo deve ancora riconoscere.

Certamente si può parlare anche teologicamente di universali.

Però oggi parlare di Dio è parlare di aria fritta.

Solo qui il sognatore ha ragione, ma dovrebbe essere così coerente da considerare che anche il parlare di un creatore che crea dal nulla è aria fritta, dato che NON un creatore dal nulla può unificare oggi gli uomini, ma solo il pensare.

E il pensare può attuarlo solo a condizione di non scambiarlo col pensare assoluto o con l'idealismo assoluto pensato da Fichte, che comporterebbe un nuovo oscurantismo di tipo moraleggiante in quanto nuovo "pensato", sostitutivo del pensare.

A questo proposito, la questione, tirata in ballo dal sognatore circa l'"immoralità" dell'eliocentrismo o del... telefonino (11° Seminario tenuto a Rocca di Papa, op. cit.) è solo oscurantismo, oscurantismo del terzo millennio!

Condividi post
Repost0
21 novembre 2013 4 21 /11 /novembre /2013 09:26

Il cuore del cretino antroposofico

Nereo Villa Opere

Video

 

Chi crede che una guerra possa diventare giusta chiamandola missione di pace è molto marcio.

Il "nominalista" crede possibile risolvere i problemi cambiando loro la forma nominale e rappresenta il "trasformista di Stato" che trasforma formalmente perfino i concetti del cambiamento evolutivo credendo di semplificarne l'attuazione.

Allo stesso modo nel campo dell'antroposofia steineriana, chi fa della "triarticolazione" sociale una semplice "tripartizione" diventa nemico dell'organismo sociale perché, impedendo di fare luce sulle dinamiche delle esigenze sociali dei nuovi tempi del terzo millennio, impedisce di superare il gattopardismo che dice: «Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima».

Chi chiama "tripartizione" la "triarticolazione" sociale perché reputa il concetto fisiologico di "articolazione" poco adatto per la società o troppo poco materialistica la sua estensione all'"organismo sociale" si comporta esattamente come i "trasformisti di Stato" di cui sopra.

Non intendo mettere alcun veto all'espressione linguistica dialettica della tripartizione: ci mancherebbe altro... Ognuno può esprimersi come vuole. Anche Rudolf Steiner e Massimo Scaligero (che considerava Steiner il maestro dei nuovi tempi) usarono il termine "tripartizione", ma avevano certamente in mente la fisiologia del corpo sociale in analogia con la fisiologia del corpo umano.

Chi però afferma che la triarticolazione sociale è una semplice tripartizione, perché non vede - o addirittura nega - la differenza fra queste due denominazioni, dimostra - fino a prova contraria - di non volere affrontare come si deve la fisiologia dell'organismo umano, dalla quale il termine triarticolazione è preso per illuminare l'analogia con l'organismo sociale.

Questo allora è molto grave perché, così facendo, si arriva a parlare di questione sociale come in genere si parla di pompe per biciclette, bulloni, o di pancetta, culatello, ecc.

Esiste dunque anche un'ANTROPOSOFIA DELLA POMPA, così voglio chiamarla, che ostacola secondo me la conoscenza della triarticolazione nella sua concretezza, e che perciò la blocca culturalmente nel nascere.

In questa pagina sul cuore, farò quindi delle affermazioni che potranno anche sembrare scioccanti ma che reputo funzionali al chiarimento del problema.

Lo statalista ha il cuore-pompa perché continua a pompare nel mondo esterno sciocche parole imperialistiche adatte ad imperare nel cuore altrui per vincerlo e convincerlo alla propria dialettica.

Ci sono due tipi di uomini: quelli che hanno il cuore a pompa, e quelli che non lo hanno in quanto sono consapevoli che il loro cuore non è - né assomiglia a - un meccanismo.

Il maggiore filosofo della coscienza meccanica è Johann Gottlieb Fichte, il quale si servì dell'analogia dell'orologio meccanico per rappresentare la coscienza umana come intero organico che descrisse come "sistema compiuto e chiuso in sé" (J. G. Fichte, "Rendiconto chiaro come il sole al grande pubblico sull'essenza propria della filosofia più recente. Un tentativo di costringere i lettori a capire", § 212, Ed. Guerini e Associati, Milano, 2001). Nei due pesi e due misure di Fichte sempre presenti nella sua concezione politica vigeva da un lato una cosa e dall'altro il suo contrario. Infatti da una parte ciò che contava per lui non era lo Stato ma i singoli cittadini, proprio come contano i singoli ingranaggi in un orologio. Invece dall'altra parte ciò che contava per lui non erano i singoli ingranaggi, o i cittadini, ma l'orologio, cioè lo Stato.

Questo errore di prospettare la rappresentazione della coscienza umana come un meccanismo è predicato ancora oggi. Ne è un esempio l'oratore di professione Pietro Archiati che nelle sue prediche riprende spesso il medesimo prospetto espositivo di Fichte parlando però non di un orologio ma di un altro meccanismo: il trattore di suo fratello che avrebbe, secondo il suo vanto, smontato e intelligentemente rimontato secondo le istruzioni.

Mediante meccanismi però non si può rappresentare alcuna coscienza, alcun organismo, alcuna libertà ed alcuna triarticolazione. Cioè non si può rappresentare alcuna cosa vivente che non sia una trappola. Infatti la trappola che scatta e imprigiona il topo, anch'essa si "anima" meccanicamente, ma non si può per questo dire che sia qualcosa di vivente.

Insomma gli statalisti dal cuore-pompa non possono comprendere la triarticolazione e quindi… la insegnano.

Non possono comprenderla perché l'articolazione dello Stato di diritto, che dovrebbe articolarsi coi restanti altri due organi dell'organismo sociale, sistema economico e sistema culturale, sono l'esempio di un comportamento armonioso analogo a quello dei tre sistemi principali della fisiologia umana, che sono rispettivamente il sistema cardio-respiratorio per lo Stato di diritto, il sistema nervoso per l'economia, ed il sistema metabolico per la cultura.

Quando però la cultura è menzognera e proclama verità che sono invece meri pregiudizi, anche tutto il comportamento dell'organismo sociale ne soffre.

Per esempio, se la cultura di Stato (che non dovrebbe neanche esistere dato che lo Stato di diritto dovrebbe occuparsi solo di diritto e di uguaglianza, non di scuole né di sistemi scolastici) afferma che tutto il funzionamento fisiologico del corpo sano dipende dal cervello o dal cuore, cioè dal sistema nervoso o da quello cardio-circolatorio, ecco che tutta la concretezza dell'idea di Steiner sulla triarticolazione diventa un mero idealismo astratto, basato sull'errore culturale di far dipendere la salute dell'organismo umano da uno dei suoi tre principali sistemi e non dall'equilibrio armonico di tutti e tre. In tal modo la triarticolazione diventa una semplice tripartizione dei poteri priva della concretezza che ogni individuo potrebbe invece percepire già in se stesso, prima che nei libri su questo argomento.

Sembra proprio che il cretino non possa o non voglia comprendere la concretezza della triarticolazione in se stesso.

Soprattutto i sedicenti antroposofi parlano di tripartizione in modo esclusivamente ideologico, cioè senza sapere nulla della concretezza propria dell'idea di cui parlano.

Dicendo che anziché parlare di triarticolazione sarebbe meglio parlare di tripartizione dimostrano di non avere ancora percepita nella sua concretezza l'idea che vorrebbero divulgare. E fanno danni, dato che la concretezza che la triarticolazione esige è di tipo squisitamente fisiologico perché solo in tal modo può comprendere in sé le tre articolazioni, ognuna delle quali è articolata con le - E NON SEPARATA DALLE - altre due restanti!


 

Un esempio massimo di statalismo è l'attuale papa, che fa il farmacista "vendendo" come medicamento la confezione "Misericordina". Cos'è e a cosa serve la "medicina" della misericordia pubblicizzata dal Papa e distribuita in Piazza San Pietro? È la massima espressione dell'alienazione essenziale manifestata da un papa della chiesa cattolica: la confezione è quella tipica delle medicine, con tanto di avvertenza sul contenuto: "59 granuli intracordiali". All'interno, si trovano una corona del rosario - di plastica, mi fa oltretutto notare lo studioso Ivo Bertaina, amministratore del sito agribionotizie.it (1) -, un'immagine di Gesù misericordioso ed il classico foglietto con la posologia e le istruzioni per l'uso.

La "Misericordina", cioè il "kit" pubblicizzato dal papa e fatto distribuire da suore e volontari in migliaia di esemplari ai pellegrini presenti in Piazza San Pietro, è una bugia tipica della chiesa cattolica.

Infatti il "venditore", cioè il papa, che proclama la sua bontà dicendo: "Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene al cuore…", ecc., si guarda bene dal dire la verità riguardante la storia del rosario.

Non credo che un papa possa avere dimenticato come nacque il rosario.

E chi sa come nasce il rosario non può più dire alla gente "Prendete la misericordina perché fa bene al cuore". Solo un disonesto lo potrebbe, dato che il rosario nasce al tempo in cui il cristianesimo si era già espanso a macchia d'olio. Questo impulso aveva preso talmente piede nella gente che l'apparato dei predicatori della "qaal" (parola ebraica per "assemblea", "chiesa") non bastava più, dato che la spiegazione della preghiera biblica consistente nei 150 salmi, esigeva un impiego di "personale" di gran lunga molto più numeroso. Perciò dai 150 salmi da spiegare si passò ai Pater, Ave e Gloria, ecc., da recitare come orazioni, dieci per volta, fino a 150 volte complessive…

Ma a che serve ripetere orazioni o mantra se non di impedimento all'uomo nell'esercizio della sua vita di pensiero autonomo? Finché tu chiesa mi spieghi i salmi io posso anche recitarli in quanto faccio mia la sapienza che in essi si nasconde, però se tu mi fai recitare decine di volte tre o quattro orazioni, oltretutto oggi senza nemmeno spiegarne i caratteri di sapienza, mi costringi solo all'addormentamento della mia coscienza.

 

 

Nel foglietto illustrativo della "misericordina" è spiegato che per questa medicina non sono segnalate "controindicazioni", ma anche questa è una menzogna, dato che essa serve solo ad addormentare le coscienze.

E poi rimane la questione scientifica del cuore-pompa, che è un'altra menzogna, che stavolta però riguarda maggiormente i sedicenti antroposofi che si vantano della loro scienza spirituale mostrando però di non conoscere la questione e che, anzi, si guardano bene dal citarla dato che chiamano tripartizione la triarticolazione.

Uno dei grandi limiti al progresso della conoscenza della fisiologia del cuore è proprio l'idea meccanicistica, imposta dalla cultura di Stato, che assimila il cuore ad una pompa.

Piero Angela è stato un divulgatore indefesso di questo errore meccanicistico.

Con ciò si entra proprio nell'alienazione essenziale, generata da un pregiudizio fortemente ancorato nelle persone e molto difficile da abbandonare.

Prima di parlare di triarticolazione sociale, occorre dunque spiegare la logica di realtà per cui è vero che NON il cuore fa muovere il sangue, ma al contrario, IL SANGUE FA MUOVERE IL CUORE.

E lo voglio mostrare.

Il rapporto esistente fra le sostanze alimentari liquefatte e l'aria respirabile, cioè l'elemento gassoso assorbito dal polmone, è un'interazione dinamica del processo di scambio, i cui elementi costitutivi si incontrano e si accumulano nel cuore, precedendola, e nella quale il cuore - per chi lo osserva spassionatamente - non appare affatto una pompa ma tutt'al più - se proprio ce lo vogliamo rappresentare in modo materialistico o meccanicistico - come una diga: una "diga" avente da un lato le attività inferiori dell'organismo, cioè l'assorbimento e la trasformazione degli alimenti (metabolismo), e dall'altra parte le attività superiori (sistema nervoso centrale), nelle quali la respirazione occupa il posto meno elevato (sistema simpatico).

Il cuore è dunque uno sbarramento interposto, appunto, come una diga.

L'attività del cuore è infatti il risultato del gioco di forze fra corrente alimentare ed aria.

Tutto ciò che nel cuore si manifesta e che è osservabile può essere considerato esclusivamente come conseguenza di tale gioco di forze.

Si può allora affermare senza ombra di dubbio che il cuore è un organo di equilibrio, non una pompa.

Se il cuore fosse una pompa, si potrebbe sperimentalmente deviare la circolazione fuori di esso, e si dovrebbe constatare una sua diminuzione di attività o persino un suo arresto.

 

INVECE GLI ESPERIMENTI

 

[cfr.: Manteuffel-Szoege L., Gonta J., "Réflexions sur la nature des fonctions mécaniques du coeur", Minerva Cardioangiologica Europea, VI, 261-267, 1958; Manteuffel-Szoege L., Turski C., Grundman J., "Remarks on Energy Sources of Blood Circulation", Bull. Société Inter. Chirur., XIX, 371-374, 1960; Manteuffel-Szoege L., "Energy Sources of Blood Circulation and the Mechanical Action of Heart", Thorax, XV, 47, 1960; Manteuffel-Szoege L., "New Observations concerning the Haemodynamics of Deep Hypothermia", Journ. Cardiovas. Surg., III, 316, 1962; Manteuffel-Szoege L., "Haemodynamic Disturbances in Normo - and Hypothermia with Excluded Heart and during Acute Heart Muscle Failure", Journ. Cardiovas. Surg., IV, 551, 1963; Manteuffel-Szoege L., "On Stopping and Restarting of Circulation in Deep Hypothermia", Journ. Cardiovas. Surg., V, 76,1964; Manteuffel-Szoege L., Michalowski J., Grundman J., Pacocha W., "On the Possibilities of Blood Circulation Continuing after Stopping the Heart", Journ. Cardiovas. Surg., VII, 201,1966]

 

DIMOSTRANO CHE AVVIENE PROPRIO IL CONTRARIO VALE A DIRE CHE, DEVIANDO LA CIRCOLAZIONE FUORI DAL CUORE, LA CIRCOLAZIONE, ANZICHÉ DIMINUIRE, AUMENTA CONSIDEREVOLMENTE.

 

D'altra parte, gli embriologi sanno perfettamente che l'esistenza della circolazione sanguigna precede nel tempo quella del cuore e delle sue pulsazioni, e questa realtà dovrebbe far vergognare coloro che hanno sempre predicato le dottrine di Stato del cuore-pompa. Insomma coloro che nel terzo millennio si professano ancora credenti nel cuore-pompa dovrebbero almeno chiedersi: se il mio cuore è una pompa come fa a funzionare, se la mia circolazione sanguigna circolava già prima dell'esistenza del mio cuore?

Ma non occorre neanche riferirsi agli esperimenti citati per avvertire la realtà che il cuore non è una pompa. Basta osservare le dinamiche fisiologiche della paura e della vergogna nell'essere umano, considerando il sangue come veicolo materiale dell'immateriale io. Da questo punto di vista i sentimenti di paura e di vergogna testimoniano che è il sangue a far battere il cuore, e non il cuore a pompare sangue: se io mi spavento divento pallido perché il sangue dalla periferia va a proteggermi nel mio centro di equilibrio. Perciò divento pallido. Se invece mi vergogno, dal centro di me stesso vorrei fuggire via, oltre me stesso, fuori, nel cosmo. Qui il sangue è testimone della mia volontà centrifuga e mi fa arrossire.

Questa testimonianza però non vale per gli insegnamenti dati dalle scuole dell'obbligo di Stato: in base all'insegnamento che riceviamo dalle scuole elementari fino alle università, la rappresentazione del cuore-pompa diventa così radicata in noi che concepire il vero, appare un'assurdità.

Infatti se dici a un medico che non è il cuore che mette in movimento il sangue, ma che è invece il sangue a mettere in movimento il cuore, costui ti guarda in modo strano, ed è già pronto a farti ricoverare alla neuro... Ma il matto è lui.

L'arrivo del sangue venoso nel cuore provoca la diastole. A questo processo centrifugo di dilatazione segue una reazione neurosensoriale di contrazione di direzione centripeta, la sistole. Nella diastole il cuore cede di fronte alle forze del polo metabolico, si arrotonda e tende a perdere la propria forma; viceversa, nella sistole, le forze del polo neurosensoriale restringono il cuore ridonandogli la sua struttura.

Diastole e sistole, che si alternano normalmente nel tempo, esprimono così una polarità.

 

 

 

 

Normalmente il cuore ha 72 battiti al minuto.

Essendo il ritmo respiratorio di 18 al minuto, contiamo quattro pulsazioni per ogni respirazione.

Questo rapporto di 4 a 1 tende a crescere o a diminuire a seconda dello stato di salute dell'intero organismo.

Ecco perché questi rapporti sono ricercati sistematicamente al momento in cui si esamina un ammalato, dato che la loro modificazione è il segno di uno sforzo fatto dal cuore allo scopo di ristabilire l'equilibrio tra i poli.

Il cuore è pertanto il luogo in cui le due polarità si affrontano, si compensano e si equilibrano.

Il sistema ritmico in se stesso NON può ammalarsi, essendo per definizione armonia, dunque anche salute.

Invece, il suo strumento fisico, il cuore, può essere danneggiato se lo sforzo di compensazione che gli si chiede va oltre le sue possibilità, soprattutto quando questo sforzo è imposto in maniera permanente.

Le affezioni cardiache non sono altro che il riflesso del predominio di un polo sull'altro. E nonostante il manifestarsi di un tale predominio, il cuore si sforzerà sempre di ristabilire l'armonia, al punto che le affezioni cardiache sono secondarie rispetto a quelle degli altri organi e spesso impiegano anni per manifestarsi. Ecco perché l'osservazione delle lesioni che si creano hanno dato relativamente poche informazioni sul processo morboso, e bisognerebbe innanzitutto studiarle nel tempo, cosa che implica un'anamnesi approfondita. La conoscenza di questi processi è per il medico un incitamento sia a prevenire le affezioni cardiache che a curarle.

Da quanto precede risulta che PARAGONARE IL CUORE A UNA POMPA È SOLO UNA SUPERSTIZIONE DELLA NOSTRA CULTURA DI STATO, poggiante sull'idolatria di una scienza del meccanismo, che ha ben poco da dire di umano.

In ogni caso, anche se lo scienziato meccanicista volesse a tutti i costi stabilire un paragone del cuore con parti di una macchina, si potrebbe tutt'al più caratterizzare il cuore come un ariete idraulico.

Io preferisco sentire il mio cuore come organo del sentire interiore, esattamente come l'uomo antico, che ragionava "col cuore"...

Il cuore vive nel battito che rivela la sua caratteristica presenza tra due polarità circolatorie: quella dei capillari e quella dei vasi sanguigni.

Il battito è discreto e silenzioso se il cuore è sano, e quando lo si studia si può avere un insieme d'informazioni cliniche che vanno ben oltre la semplice frequenza del polso o del rumore che produce.

Nelle piante non vi sono vasi ma soltanto capillari, e la linfa sale molto lentamente lungo di essi raggiungendo altezze tali che hanno costretto gli scienziati a cercare diverse spiegazioni non del tutto convincenti per questo fenomeno naturale.

La linfa delle piante è spinta in alto per mezzo del corpo bioplasmatico (detto anche vitale o eterico) della pianta, collegato a sua volta con le forze di vita del cosmo.

I capillari sono passati evolutivamente dalla circolazione linfatica della pianta alla circolazione sanguigna animale, e poi a quella umana.

Nel lungo percorso evolutivo, ai capillari si sono aggiunti gradualmente i vasi sanguigni che sempre più grandi hanno richiesto la presenza di un cuore anch'esso evoluto nella scala biologica animale.

La circolazione capillare parte dal corpo bioplasmatico o vitale, dal quale sono mossi anche i vasi più piccoli; ma quando si raggiunge il diametro massimo dei vasi circolatori umani è necessaria la funzione di raccordo (perfino la parola "raccordo" proviene... dal cuore) tra la circolazione capillare e quella dei grossi vasi.

Naturalmente anche gli animali superiori hanno un cuore ed una circolazione, ed anche negli animali si ha la funzione cardiaca di raccordo, mediatore tra capillari e grossi vasi. Nel pesce addirittura troviamo un cuore non ancora quadripartito, che dal punto di vista meramente fisiologico, sembra lavorare meglio del cuore umano.

Il movimento del sangue è autonomo, ma ha bisogno del cuore quadripartito per le necessità fisiologiche e psicologiche dell'uomo.

Con una circolazione troppo lenta vivremmo come piante, mantenendo la postura eretta non potremmo muoverci, non avremmo pressione, non potremmo pertanto incarnarci nel movimento, animarci, e di conseguenza non avremmo una coscienza di veglia. Saremmo insomma come ci vorrebbe lo Stato e la chiesa della "Misericordina"! L'odierno Stato mentecattocomunista, che è ancora lo Stato etico predicato da J. Gottlieb Fichte, si comporta proprio come chi vorrebbe governare i suoi governati a questo livello di coscienza!

Il cuore invece afferra la circolazione proveniente dai capillari e come esclusiva risposta a questo evento dona, col suo battito, la forza del suo muscolo alla circolazione, sostenendola, ma NON attivandola: tant'è vero che il sangue circola spontaneamente nei limiti della gravità - come è dimostrato dagli esperimenti di Manteuffel e in generale dall'embriologia, in quanto le valvole idrodinamiche cardiache non sono altro che un adattamento del cuore al flusso sanguigno prestabilito, ed alla necessità della sua circolazione, sia la piccola che la grande.

Il sangue che si precipita nel cuore crea dei vortici che vengono indirizzati nei luoghi prestabiliti dalle valvole.

Le valvole cardiache sono ben lungi dalle valvole di una pompa. Se appartenessero ad una pompa non potrebbero affatto reggere il continuo sforzo prolungato per anni, e l'esperienza clinica mostra che, anche quando le valvole si ammalano, la circolazione del sangue non è bruscamente interrotta, mentre se si altera la valvola di una pompa, questa smette di funzionare.

La funzione delle valvole che si formano nella vita embrionaria quando il cuore comincia a battere, ha soltanto la funzione di rendere ottimale la corrente, ma non è causa dello scorrimento del sangue in una determinata direzione.

Di fronte a queste evidenze è comunque difficile pensare in modo libero, scientificamente libero fino in fondo, e per lo scienziato dozzinale se il cuore batte e ci sono le valvole, ciò significa che il sangue è mosso dal cuore, perché il cuore... è una pompa.

Secondo questo superficiale modo di ragionare, se Pinco Pallino, avendo un infarto, cadesse da un albero fracassandosi il cranio, si potrebbe dire: "È morto perché è caduto dall'albero" aggiungendo: "è talmente palese!". E non verrebbe il minimo sospetto che costui non morì cadendo dall'albero, ma che cadeva proprio perché era già morto, stroncato da un infarto.

Il cuore dunque NON è una pompa.

Il cuore potrebbe somigliare ad un ariete idraulico (similitudine fatta da Rudolf Steiner) sebbene non funzioni proprio come un ariete idraulico. Come funziona un ariete idraulico?

 

 

 

[Vedi in un minuto come funziona una pompa ad ariete idraulico:

è il movimento dell'acqua ad azionare la valvola, non viceversa]

 

S'immagini una casa situata in cima ad un monte. Ai piedi di questo monte scorre verso il basso l'acqua di una sorgente. Si vuole portare l'acqua alla casa. In questa situazione serve un ariete idraulico i cui componenti sono: un tubo che convogli l'acqua e un altro tubo che la faccia risalire. Dunque si tratta di un sistema composto da una valvola e da una membrana che grazie alla pressione dell'acqua crea una successione ritmica di pressione e di contropressione con l'ausilio di un pallone riempito a metà d'acqua che svolga la funzione di cuscinetto d'espansione.

L'aspetto interessante di questo sistema è che funziona in assenza d'energia, e che sfrutta soltanto la forza gravitazionale dell'acqua che scorre (velocità di riempimento dell'ariete).

La similitudine di Steiner col cuore consiste nel fatto che nell'ariete idraulico è l'acqua che mette tutto in movimento, così come il sangue che arriva al cuore ne stimola i movimenti di contrazione.

Concludendo si deve dire che il cuore è un muscolo, il cui compito è la contrazione.

Trattandosi di un muscolo cavo, durante la contrazione il liquido che vi è contenuto è incomprimibile e pertanto viene spinto avanti.

Dunque il cuore ha, sì, compito di propulsione, ma questa propulsione non è la causa originaria della circolazione sanguigna anche se nulla funzionerebbe senza il cuore.

Il cuore accelera il movimento originario nei capillari adattandolo alle necessità dell'organismo umano.

Già in ciò il cuore si propone come organo del centro e del ritmo, cercando un compenso e quindi un equilibrio tra la circolazione del sangue nei capillari e quella nei grossi vasi; similmente all'equilibrio posto tra la piccola e la grande circolazione.

Le valvole cardiache possono reggere così a lungo perché non fermano il sangue, ma sono perfettamente inserite nel suo flusso di scorrimento che precede la loro stessa formazione nel corso dell'embriogenesi.

Se al cuore non giungesse il sangue, presente con il suo originale e lentissimo movimento capillare, il cuore smetterebbe di battere.

La circolazione del sangue inizia alla periferia dell'organismo; è mossa dalla vita stessa (del corpo bioplasmatico o vitale) fino al cuore, che si "anima" (nel suo caratteristico movimento che la solleva dalla sua condizione simil-vegetale e la innalza al livello umano) con un battito ed una lunga pausa al cui interno scorre l'attimo fuggente del suo dialogo cosmico-terreno con l'interiore attività umana...

In ogni polarità il cuore si colloca sempre al centro, e proprio per il fatto che è il mediatore fra cosmo e Terra esso rende possibile all'attività interiore umana un collegamento più forte con questi due poli.

Se una persona si lega fortemente alle forze della Terra non vede più il cosmo, che è il mondo della luce, e cade in depressione che è un processo d'incarnazione unilaterale. i suoi occhi vedono la bellezza della natura ma il suo cuore non la percepisce, così come, se non si cerca, non si percepisce il colore fior di pesco nell'arcobaleno.

Da quanto precede, credo si possa dichiarare con ragione che il concetto di misericordia (etimologicamente proveniente da "miseria" e da "cuore") sviluppato materialisticamente come medicamento dal papa sia una castroneria piena di menzogne, dato che la sua "Misericordina" è una cretinata promotrice di rosari e orazioni per formare un nuovo tipo di uomo, che anziché pensare, ripeta Pater, Ave, Gloria, ecc., credendo di stare meglio.

Se alla "Misericordina" del papa aggiungi l'antroposofia marcia dei trasformisti dei nuovi tempi, hai un quadro perfetto di come il potere odierno ti vorrebbe: un essere umano che senza alcuna pulsione interiore vada in guerra sereno e ammazzi il nemico sentendosi cristiano in base all'articolo 2266 del catechismo della chiesa cattolica nel quale è giustificata la "guerra giusta" e perfino la pena di morte.

Ecco perché ho esordito dicendo che chi crede che una guerra possa diventare giusta chiamandola missione di pace è marcio, cioè un nominalista trasformista che crede possibile risolvere i problemi cambiando loro la forma nominale, trasformando formalmente perfino
i concetti stessi del cambiamento evolutivo credendo di semplificarne l'attuazione.

Se tale trasformismo avesse prodotto nella storia qualcosa di benefico di certo gli scribi e i farisei non sarebbero passati alla storia come razza di vipere, e Gesù non avrebbe disubbidito al sabato.

La legge del sabato è la legge del non fare nel giorno festivo perché la festa è consacrata al creatore che al settimo giorno si riposò.

Ogni legge del non fare è una legge proibitiva.

Per gli ebrei il giorno di festa è il sabato. In ebraico la parola "sabato" è data dalla radice "sciabàt", che è formata dalle tre lettere "scin", "bet" e "tav", e che significa: "cessare", "non fare alcunché", "riposare", ecc.

Una legge che impone la cessazione di un fare è contemporaneamente proibitiva e impositiva.

Infatti una legge impositiva formalmente rovesciata è proibitiva.

Le leggi proibitive e quelle impositive sono diverse solo nella forma, non nella sostanza a cui si riferiscono: il non fare in giorno di sabato o il fare la santificazione del sabato che la legge ebraica esige, sono la stessa cosa, la stessa esigenza.

Ecco perché il sabato ebraico è da un lato legge impositiva del giorno di riposo settimanale, consacrato a Yhwh (Jahve) che ha riposato nel settimo giorno della creazione (Es 20,11; Gen 2, 2-3; Es 23,12), e dall'altro lato è motivazione della rispettiva legge proibitiva "Non fare lavoro alcuno (in giorno di sabato)" (Deuteronomio 5,14).

L'istituzione del sabato, caratteristica del giudaismo (Ne 13, 15-22; I Mac 2,32-41) è però violata dal Cristo (Mt. 12,1s; Lc. 13, 10s; 14,1s).

Lo spirito legalista non è dunque del Cristo, dato che il Cristo se ne libera.

Di conseguenza l'uomo che si emancipa dal legalismo (l'uomo che evolve se stesso) può liberarsi sempre di più dalle leggi mediante epicheia, che è la politica del Cristo e che, nella filosofia della libertà di Rudolf Steiner, è l'individualismo etico.

L'idea di Pietro Archiati (liberaconoscenza.it) di un nuovo ordine mondiale che in nome della libertà è fatto di mere proibizioni anziché di imposizioni è una cretinata simile a quella del medicamento "Misericordina" proposto dal papa per il bene dell'uomo.

Un esempio: l'IMPOSIZIONE dell'imposta, poniamo del 70% (come avviene oggi) sul mio reddito, e/o la PROIBIZIONE di usufruirne più del 30% che differenza fa?

Non vi è alcuna differenza. La schiavitù rimane.

Certamente ci si può anche sentire liberi di usufruire addirittura di meno di quel 30% per donare di più alla casta dei legulei chiamata Stato, ma tale sentirsi liberi non è che masochismo schiavistico mascherato da libertà.

Ed è proprio questo che i nuovi chierici traditori, sedicenti antroposofi della sedicente società antroposofica, predicano come filosofia della libertà di Steiner.

Ma è una mascalzonata poggiante su autocastrazione. È il sentire dello schiavo che ha perso ogni fiducia in sé come individualità umana, e che perciò opta per lo Stato etico (di Fichte, Schelling ed Hegel) anziché per l'individualismo etico.

Se ci attenessimo alla falsa idea di costoro di liberare l'organismo sociale dalle costrizioni dello spirito legalista attraverso la trasformazione formale delle leggi costrittive in leggi proibitive, daremmo solo legittimità al formalismo dello stesso ipocrita spirito leguleio, condannato da Gesù, e che fu poi causa del suo assassinio legale (crocifissione).

Dunque procedendo nelle cose dell'economia, del diritto, e della cultura, come se l'etica provenisse da formalismo, continueremmo ad avere gli stessi problemi di prima: un'economia del debito, un diritto rovesciato, ed una cultura barbara.

Il formalismo, basandosi sulla mera forma va bene solo per l'informatica e per il suo linguaggio binario: la macchina, "deducendo" da una stringa di un linguaggio informatico uno scatto eseguibile, lo compie immediatamente senza alcuna mediazione intuitiva.

Applicare questo processo all'uomo è eticamente un assurdo, dato che se la motivazione dell'agire umano provenisse da neutre deduzioni, leggi, o logiche formali, genererebbe non uomini liberi, ma meccanici esecutori, uomini scattanti in stile "wehrmacht"!

Oltretutto se si accettasse ciò che dichiarano questi antroposofi fichtiani, vale a dire che lo scopo naturale del potere dovrebbe essere quello di creare controforze affinché l'uomo possa esercitare la libertà, si legittimerebbe il potere nel suo mestiere di impedire la libertà.

Accogliendo l'idea delle leggi proibitive formalmente sostitutive di quelle costrittive - in quanto, come insegnano coloro di liberaconoscenza.it, è possibile, manipolandole, trasformare tutte le leggi costrittive in leggi proibitive - si accoglierebbe solo un medaglione dell'orrido con le sue due facce: da un lato la costrizione, e dall'altro l'impedimento, la proibizione, senza cambiare alcunché!

Perché qualunque potere poté, può e sempre potrà legalizzarsi con la proibizione o la censura di qualcosa di diverso dall'imposizione precedente.

Cambiare la forma, cioè la dicitura formale da costrittiva a proibitiva, solo un pirla potrebbe pretenderlo per la propria evoluzione alla libertà.

Dunque delle due l'una: o le persone di libera conoscenza.it che ragionano come Pietro Archiati sono malati mentali molto gravi, oppure hanno in mente qualcosa di diabolico molto simile ai desideri di coloro che nel 1600 proibirono a Giordano Bruno di vivere ancora e lo bruciarono nel Campo dei fiori a Roma. Costoro erano i rappresentanti della chiesa di allora.

Oggi queste cose passano per normali perché nel mondo in cui viviamo il pensare fa paura e lo si vuole bloccare nell'umano con la "Misericordina" o col cuore-pompa o in altro modo.

Essere cristiani significa però solo una cosa: essere epicheici. Non significa essere religiosi. Perché religiosi lo si è solo se si opera epicheicamente, e non fideisticamente o secondo credenze filosofiche.

Quando mai le credenze religiose o filosofiche servirono l'uomo? Esse da sempre assorbono le coscienze umane per servirsene!

E così fanno oggi gli oratori di professione che vogliono mettere le mani nella scienza di Steiner: pur sapendo che è necessario rinnovarsi, cambiare pagina, e soprattutto cambiare secolo, cioè rispettare lo spirito del tempo in cui sono, continuano a presentarsi come conferenzieri dell'ottocento, perfino nell'abbigliamento.

Nel tempo dell'informatica si presentano ancora con lavagna e gessetti del tutto inessenziali. Posso ancora concepire che uno li usi per spiegare i geroglifici o l'ebraico, ecc., ma per spiegare la logodinamica del pensare della scienza di Steiner, a che servono?

Pur sapendo che le religioni, i filosofismi e gli ideologismi sono l'oppio dei popoli, costoro continuano imperterriti nel tentativo di imbastire nuovi moralismi, secondo loro steineriani, fatti di leggi negative secondo loro steineriane, in contrapposizione a quelle kantiane del dover essere… indebitati.

Steiner però dice tutt'altro e tutto il discorso di Steiner potrebbe essere così sintetizzato: non si tratta di continuare a creare nuove leggi che valgano per la libertà di tutti, bensì di attuare l'epicheia, cioè la vera politica di Gesù di Nazaret.

Invece costoro usano Steiner al posto dei vangeli, intesi come dietetica in luogo dell'etica individuale, che solo il singolo può attuare per se stesso (individualismo etico)... Oppure usano esegeticamente i vangeli o le scritture per spiegare la scienza di Steiner come "necessità" della libertà (contraddizione in termini)!

In tal modo questi statalisti continuano ad imbrigliare se stessi nelle pastoie di un dio che crea dal nulla, ad immagine bassamente umana, e frutto della loro mente tormentata, non serena ma apodittica...

Se in riferimento al trasformismo da loro predicato delle leggi del "fare" in proibizioni, cioè in leggi del "non fare", qualcuno dice loro: "Oggi la guerra è chiamata missione umanitaria ma questo è solo trasformismo concettuale", essi prontamente rispondono: "Questo è il tuo parere, noi abbiamo un altro parere".

E con ciò continuano a spacciare la scienza di Steiner per l'aberrazione leguleia di cambiare la forma delle leggi per legittimarle.

Costoro sono gli ipocriti che Gesù chiamava "razza di vipere".

Questo è il mio parere.

***

Note

(1) Ivo Bertaina sottolinea altresì, a questo proposito, come ci sia ben poco spirito nel petrolio, e che recitare orazioni tenendo in mano la sostanza di Arimane "è molto difficile. Allo stesso modo, coltivare la terra col metallo di Marte, dio della guerra, è molto poco amorevole, e già nel 1950 Victor Schauberger aveva visto che usando leghe di rame (metallo di Venere, legato all’amore) l’humus nel terreno aumenta da sé. Oggi spesso non guardiano a cosa prendiamo in mano ed a cosa usiamo per nutrirci e a come questo venga prodotto. Da quando l’uomo ha smesso di guardare al cielo si è messo nelle mani, poco amorevoli, di altri esseri".

Condividi post
Repost0
15 novembre 2013 5 15 /11 /novembre /2013 14:39

http://creativefreedom.over-blog.it/2013/11/su-business-e-compromessi-della-scuola-steineriana.html Oggi, epoca dell’autocoscienza, la figura del “fiduciario” antroposofico è un anacronismo protetto da impenetrabili segreti: i business antroposofici e gli organigrammi della relativa “società” assomigliano a quelli dei capimandamento mafiosi che si riuniscono per eleggere i nuovi “fiduciari” delle nuove “famiglie” locali: il cosiddetto fiduciario, di cui non esiste garanzia alcuna in merito alla propria “rappresentatività”, né criteri per la sua nomina, né per le proprie decisioni, prende decisioni per tutti i “soci” della “società antroposofica”, la quale nonostante ciò appare giuridicamente responsabile. Dove sta quindi la differenza con le procedure mafiose?

Condividi post
Repost0
15 novembre 2013 5 15 /11 /novembre /2013 10:26

Vedi anche Nereo Villa Opere

 

Se esistesse la scuola pedagogica ad indirizzo steineriano sarebbe realizzata l’idea della triarticolazione della società proposta a suo tempo da Rudolf Steiner. Pertanto non esisterebbero la crisi delle scuole, la crisi economica e quella della giustizia. Come queste tre sfere dell’organismo sociale devono armonizzarsi fra loro l’ho sintetizzato nella pagina “Dieci minuti per la triarticolazione sociale”, ricavata dal ciclo di conferenze “Come si opera per la triarticolazione dell’organismo sociale”.

 

Però la scuola steineriana non esiste.

 

Essa è spenta e destinata a smorzarsi sempre più da quando è divenuta statale (parificata).

 

Da quel momento in poi non si può più dire che sia libera dalle grinfie dello Stato.

 

E poiché nelle spiegazioni date da Steiner questa sua libertà avrebbe dovuto essere il suo senso, oggi essa è del tutto insensata in quanto mero business.

 

Oggi infatti la scuola steineriana è ridotta a mera ideologia, a ideale morto, funzionante solo come business, che rastrella soldi dappertutto: sovvenzioni dallo Stato, retta abnorme dai genitori, costi abnormi degli attrezzi, prodotti per la scuola, ecc. (basti pensare che una "cartella scolastica steineriana" costa ben 158 euro), oltretutto sottopagando gli insegnanti tanto idealisti quanto ignari... 

 

 

 

 

 

Questi "steineriani" dal compromesso facile (praticamente quasi tutti) non hanno scuse, perché le idee di Steiner sui COMPROMESSI sono sempre state molto chiare.

 

Purtroppo però non sono mai state recepite, nemmeno e soprattutto da coloro che predicano la pedagogia steineriana. Perché? Perché lì, domina il business, cioè il dio quattrino in luogo del dio trino, anzi in luogo della triarticolazione sociale, la quale può attuarsi solo a partire proprio dalla liberazione delle scuole e dell’apparato produttivo dalle grinfie dello Stato.

 

Questo Stato è comunque destinato al fallimento nella misura in cui continuerà ad occuparsi (ancora come sempre) di cose che non sono di sua competenza come, appunto, la scuola e l’economia, anziché occuparsi dell’unica sua competenza: il diritto.

 

Lo Stato di diritto che anziché occuparsi di diritto si occupa di scuole e di economia è uno Stato plenipotenziario arraffone misurato esclusivamente sulla corruzione.

 

La crisi della giustizia è infatti l’impossibilità pratica di occuparsi di giustizia in nome del preoccuparsi dell’economia e della cosiddetta cultura di Stato, o cultura dell’obbligo...

 

Questi argomenti, che erano già scottanti al tempo del fallimento di Weimar, non furono mai recepiti. E nella misura in cui non li vogliamo accogliere siamo avviati a sempre peggiori catastrofi...

 

Li ripropongo nei brani seguenti, pescati da varie conferenze e libri di Steiner, che trovo di un’attualità sconvolgente.

 

“[...] Oggi è questo che deve venir superato, ma purtroppo il mondo, invece di pensare a tale superamento, fa dei COMPROMESSI. I COMPROMESSI che oggi vengono fatti nel mondo vengono conclusi anche nell’interiorità dell’anima; se le nostre anime non fossero così propense al COMPROMESSO, anche nella vita esteriore non vi sarebbero gli spaventosi COMPROMESSI, simili a quello che ora viene fatto a Weimar, il COMPROMESSO sulla scuola (R. Steiner, “Risposte della scienza dello spirito a problemi sociali e pedagogici”, 12ª conf., Milano, 1974).

 

Ciò riguarda, oggi più che mai la scuola pedagogica steineriana, che in sostanza è un covo di chierici non solo traditori ma di vermi striscianti: “Le nature tendenti al COMPROMESSO strisciano oggi attraverso l’esistenza; sono esse che sperimentano tutto guardando indietro, che non progrediscono” (“Risposte della scienza dello spirito...”, op. cit).

 

Perché mai Steiner sentì in se stesso di dare - anche se non in modo esplicito - del verme agli uomini dell’inciucio di allora attraverso le parole “Le nature tendenti al COMPROMESSO strisciano oggi attraverso l’esistenza”?

 

Fu per gli eventi storici di qualche mese prima, eventi che oggi vanno sottolineati, dato che politicamente siamo ancora nella medesima situazione di allora (1).

 

Nel febbraio del 1919, cioè sei mesi prima delle parole dette in questa conferenza - che fu tenuta il 3 agosto del 1919 -, si era infatti aperta a Weimar la cosiddetta Assemblea Nazionale, consistente in un governo di coalizione fra socialisti, democratici, e cattolici, detta appunto “Coalizione di Weimar”. Tale coalizione, per l’instabilità dei governi di formare solide maggioranze rese sempre più impopolare la Costituzione di Weimar. Il peso delle riparazioni e la politica egoistica del grande capitale finanziario determinarono poi dal 1920 fino al 1922 l’inflazione ed il crollo del marco.

 

In quel periodo, il successo della rivoluzione russa ed i fermenti di rivolta in Germania avevano galvanizzato i dirigenti socialisti, facendo apparire imminente l’instaurazione di un regime proletario anche in Italia: il partito popolare di Luigi Sturzo si presentò allora come principale interlocutore dei socialisti, e accanto ai socialisti ed ai popolari, il movimento nazionalista dei seguaci di D’Annunzio chiedeva con l’emerito socialista Mussolini il “rinnovamento” della classe dirigente.

 

Le teorie attivistiche di Sorel e di Oriani, quello della “missione” civilizzatrice imperiale, si consolidarono poi nella dottrina di Gentile, il quale contrapponeva all’individualismo liberale e democratico, “fonte di disgregazione del tessuto sociale”, l’esigenza di una solidarietà collettiva in cui i diritti e le aspirazioni dell’individuo si attuassero solo in quanto subordinati ai valori ed agli interessi della comunità nazionale, di cui “lo Stato è unico depositario e garante”. Tutto ciò si espresse poi nella teorizzazione dello Stato corporativo, che in fondo è lo Stato marcio in cui ci troviamo.

 

Il COMPROMESSO con la scuola italiana, compreso l’attuale COMPROMESSO delle scuole steineriane parificate alle scuole di Stato, cioè statalizzate, nasce proprio da questo neoidealismo gentiliano.

 

Giovanni Gentile, filosofo del fascismo e ministro della “pubblica istruzione”, chiamò poi Lombardo Radice come collaboratore alla “riforma” scolastica del 1923-24!

 

Se esistono precise dichiarazioni dichiarazioni in cui Steiner sottolinea che attraverso i COMPROMESSI non è assolutamente possibile attuare l’idea della triarticolazione sociale esplicitata nel suo libro “I punti essenziali della questione sociale”, perché i sedicenti antroposofi non le ascoltano?

 

Che senso hanno oggi i vari “fiduciari” della scuola steineriana italiana o della sedicente società antroposofica italiana, se non quello di dimostrare, nella loro qualità di “traditori verminosi”, di non conoscere alcunché della triarticolazione di Steiner? Conoscono di Steiner solo ciò che conta per il proprio tornaconto? Sì. Purtroppo è proprio così. Ma questa è mafia. Mera mafia, mascherata da antroposofia o da scienza spirituale a carattere antroposofico!

 

Oggi, epoca dell’autocoscienza, la figura del “fiduciario” antroposofico è un anacronismo protetto da impenetrabili segreti: i business antroposofici e gli organigrammi della relativa “società” assomigliano a quelli dei capimandamento mafiosi che si riuniscono per eleggere i nuovi “fiduciari” delle nuove “famiglie” locali: il cosiddetto fiduciario, di cui non esiste garanzia alcuna in merito alla propria “rappresentatività”, né criteri per la sua nomina, né per le proprie decisioni, prende decisioni per tutti i “soci” della “società antroposofica”, la quale nonostante ciò appare giuridicamente responsabile. Dove sta quindi la differenza con le procedure mafiose? 

 

Ecco alcune dichiarazioni di Steiner in merito ai COMPROMESSI:

 

“Si può dire in realtà che nel nostro tempo le persone che hanno in loro stesse l’assoluta pretesa di avere posizioni direttive in qualche settore sappiano agire con piena serietà per tutto quanto riguarda oggi la tendenza verso lo spirito? Tali persone dovrebbero avere un sentimento non solo per le teorie relative allo spirito, ma anche per la reale e vivente efficacia in campo spirituale, per l’efficacia derivata dal campo spirituale. Se però si parla della reale efficacia in campo spirituale o attraverso il campo spirituale, oggi ancora per molta gente si parla di qualcosa di incomprensibile” (“Risposte della scienza dello spirito...”, op. cit., Stoccarda, 8 settembre 1919, 13ª conf.). “[...] Oggi però non basta essere d’accordo in teoria con qualcosa. [...] Quando io siedo a Dornach e scrivo un appello al mondo civile, avendo davanti a me in modo ideale gli uomini del presente che ne possono accogliere il contenuto, quel che scrivo è tratto da un reale nesso, non è qualcosa che ho escogitato in teoria e che ora metto su carta, ma qualcosa che io scrivo in un nesso vivente con coloro che potrebbero o dovrebbero comprenderlo. In tal modo si tiene conto senz’altro dello spirito dominante del presente. E ancora: io scrivo “I punti essenziali della questione sociale”. Non scrivo però affinché le parole vengano allineate in piccole lettere stampate sulla carta, eventualmente affinché i teorici le possano criticare, ma io scrivo le parole per i miei contemporanei. Scrivo come è giusto parlare secondo realtà dal proprio scrittoio agli uomini del presente. [...] Chi oggi agisce movendo dallo spirito vivente non tiene conferenze professorali. Sono conferenze professorali quelle in cui si sono pensate le cose e si gettano le proprie preziose parole in faccia alla gente. Chi però è immerso nello spirito vivente parla movendo dal cuore, non solo per le teste. È un argomento del quale bisogna decidersi a parlare. Persone che possono seguire in teoria le cose non hanno idea che qualcuno, che voglia agire secondo lo spirito, deve agire movendo dallo spirito al quale in quel momento è appunto legato. [...] Oggi non si può più, partendo da una debolezza umana qualsiasi, voler fare un COMPROMESSO dopo l’altro. Se si è costretti nell’attività esteriore a fare un COMPROMESSO, bisogna esserne coscienti, e non passare oltre con superficialità. [...] Oggi non viene insegnata la pedagogia, non viene insegnata la didattica nelle scuole superiori, affinché la gente le capisca, ma viene ordinata la pedagogia attraverso le leggi. Come si ordina alla gente di non rubare, così si ordina mediante la Gazzetta Ufficiale, mediante disposizioni ufficiali, come si deve insegnare; e non si avverte che cosa si nasconda in questo fatto. Invece proprio nel sentire che cosa in sostanza si sia manifestato negli ultimi tempi potrebbe essere l’inizio di un risanamento. Cinquanta persone che si trovassero nei posti in cui si ascoltano le loro parole, come si sono ascoltate le parole dell’Assemblea Nazionale di Weimar, cinquanta persone che avvertissero l’anomalia del legiferare in campo pedagogico, avrebbero maggiore importanza per il risanamento del mondo che non le chiacchiere insipide che sono state fatte in quella sede negli ultimi mesi” (ibid.).

 

Anche qui vi è un riferimento ai fatti storici di sei mesi prima da me qui accennati. Si tratta di fatti che continuano purtroppo a ripetersi anche oggi. Ciò è ancora più deprimente nelle “conferenze professorali” di coloro che si spacciano per pedagoghi della scuola steineriana anelando alla sua parificazione con la scuola dell’obbligo... dell’obbligo... di Stato, cioè anelando alla sua statalizzazione, esclusivamente in nome delle sovvenzioni statali. Costoro pretendono parlare di triarticolazione dell’organismo sociale secondo le direttive del dio quattrino...

 

Ovviamente il “dio trino”... della triarticolazione poi s’incazza, generando aumento esponenziale della tassazione, del fascismo finanziario, e di ulteriori carestie!

 

 

NOTE

(1) Queste cose furono dette da Steiner sia precedentemente che successivamente al 1919:
- 1917: “Oggi è necessario chiarire agli uomini la loro condizione. Oh, se non serpeggiano sovente proprio tra di noi la disposizione a fare COMPROMESSI in questo senso, a non dichiararsi necessariamente con coraggio dalla parte della verità! Non è affatto necessario che ci abbandoniamo all’illusione di poter far in modo di giungere ad un’intesa con chi non ne vuole sapere. Potrebbe forse giovarci? È necessario per noi parteggiare con coraggio per la verità, per quanto sia possibile. Questo è quanto mi pare emergere in particolare dalla conoscenza di quanto è collegato all’evoluzione dell’umanità” (R. Steiner, “Il mistero della volontà” conf. di Zurigo, novembre 1917).
- 8 dicembre 1918: “Il problema sociale vero e proprio del presente si è fatto attuale sotto l’influenza della catastrofe bellica. E dall’attualità del problema della proprietà si è poi sviluppata in Russia, nel marzo1917, la cosiddetta rivoluzione del febbraio che invero aveva essenzialmente lo scopo di far cadere i poteri statali che stanno alle spalle della proprietà. Poco dopo questa forma puramente politica, esteriormente politica della rivoluzione, venne sostituita dalla prima tappa del pensare rivoluzionario per mezzo di quelle persone che, nella terminologia di Trotzki, si potrebbero chiamare forse “uomini del COMPROMESSO”; vale a dire degli uomini che, a mezzo di acute intuizioni trasformate in concetti, volevano realizzare una struttura sociale. Questi rivoluzionari erano soprattutto coloro che anche prima avevano già partecipato più o meno alla formazione della struttura sociale; si trattava di circoli culturali, commerciali, industriali, i quali più o meno si prefiggevano di realizzare per ragionamento una struttura sociale. Ma con una certa ragione, anche se solo con una relativa ed unilaterale ragione, Trotzki giudica queste persone, che per mezzo di valutazioni d’ogni genere, per mezzo di buone idee di buona volontà, vogliono creare una struttura sociale, dei meri insabbiatori della rivoluzione, degli incapaci, degli inetti. Dalle considerazioni da me qui svolte saprete che la concezione proletaria rifiuta soprattutto valutazioni del genere, per quanto ragionevoli, per quanto giustificate da coloro che Trotzki chiama chiacchieroni, perché‚ parlano in modo intelligente. Queste cose ragionevoli vengono rifiutate dalla concezione proletaria, e precisamente per un certo istinto che però nel marxismo si è trasformato man mano in una teoria ben determinata. Semplicemente non si credono queste cose, non si crede che per mezzo di certe valutazioni ragionevoli, anche se con intendimenti onestissimi, si possa creare in avvenire una struttura sociale come si deve” (R. Steiner, Dornach 8 dicembre 1918, 6ª conf. del ciclo “Esigenze sociali dei tempi nuovi”).
- 6 settembre 1919: “[...] il maestro non deve interiormente mai venire a COMPROMESSI con ciò che non è vero [...]. Mai verrà a un COMPROMESSO con qualche cosa di falso, altrimenti vedremo per molte vie, ma soprattutto nel metodo, fluire la falsità nel nostro insegnamento. Il nostro insegnamento sarà solamente un’espressione di verità, se saremo diligentemente attenti a perseguire la verità in noi stessi” (R. Steiner, “Arte dell’educazione. Volume III”, Milano, 1980).
- 1921 - 1922: “Io preferisco l’agire che muova dal reale, non agitandosi, non facendo propaganda. Per me tutte queste cose sono orrende. Ma quando si hanno le mani legate, quando appunto non è possibile in alcun luogo fondare delle scuole libere, occorre creare l’atmosfera che le renda possibili. Naturalmente possono venir giustificati COMPROMESSI in questo o quel caso, ma oggi purtroppo viviamo in un tempo in cui ogni COMPROMESSO ci porta ancor più alla catastrofe” (R. Steiner, “Il sano sviluppo dell’essere umano II”, Milano, 1998, p.93.).
- 1921 - 1922: “Non serve fare COMPROMESSI con ciò che sta marcendo” (R. Steiner, “Antichi e moderni metodi di iniziazione”, Milano 2006, p. 124).

Condividi post
Repost0
14 novembre 2013 4 14 /11 /novembre /2013 11:19

Il desiderio di arrivare ad una comprensione collettiva della realtà è il massimo pregiudizio che da sempre limita l’autostima dell’individuo, e che come risoluzione PONE il “noi” (del crocchio, del gruppo, del partito, della coalizione, della fazione, dello Stato, ecc.,) al posto dell’“io”. Questo “PORRE” (“Setzen”), assolutizzato come facoltà della ragione da Johann Gottlieb Fichte, è massimo impedimento all’individualismo etico, evidenziato da Rudolf Steiner come esigenza sociale dei tempi nuovi.

Lo scadere nel “noi” è in genere così formulata: “Se io faccio così fatica a discernere le informazioni corrette da quelle errate significa che per una comprensione collettiva e per muovermi di conseguenza in modo giusto ho bisogno del collettivo”.

La risposta a questo errore è massonica e consiste in un errore di Fichte il quale, al contrario di Steiner, tende in tutta la sua opera ad accentuare la missione “educatrice” dello Stato e a risolvere l’io empirico nel “Noi spirituale” della Nazione.

Per Fichte “la forma dell’opporre è così poco contenuta nella forma del porre, che anzi le è addirittura contrapposta” (Fichte, “Fondamenti dell’intera dottrina della scienza”, [265]), e con ciò Fichte costruisce la base per chiamare ogni cosa percepibile “urto” [“Anstoß”].

Certamente il fichtianesimo, filosofia di Stato, è complicato come uno dei tanti uffici del nostro Stato, insomma un vero e proprio UCAS (Ufficio Complicazioni Affari Semplici).

E poiché, come diceva Ermete Trismegisto, le cose avvengono tanto in alto quanto in basso, le cose che avvengono nello Stato sono identiche a quelle che avvengono nel collettivo: sia nello Stato che nel collettivo viviamo nell’imbecillità.

Come lo Stato predica la legalità anche se essa risulta illegittima, allo stesso modo, per esempio, il collettivo sedicente società antroposofica, predica la scienza dello spirito di Steiner, in base alle regole della “Dottrina della scienza” di Fichte, dunque predica Steiner non in base a Steiner ma in base all’idea fichtiana di intuizione, con tutte le folli formule che ne derivano, come da un puzzle di castronerie.

In base a tale filosofismo ciarliero, i sedicenti antroposofi del fichtiano delirio del comunismo giuridico proibizionista, hanno addirittura proposto la creazione di gruppi di studio per aggiustare la terminologia de “La filosofia della libertà” di Steiner in quanto, a loro parere, Steiner sarebbe uno che va “a spanne generando confusioni e fraintendimenti filosofici che mai un filosofo come Rosmini avrebbe generato” (P. Archiati, 3° Seminario su “La Filosofia della Libertà” di Steiner, tenuto a Rocca di Papa, Roma, dal 14 al 17 febbraio 2008, mp3 07C, Settima conferenza, sabato sera, ¾, dal 16° minuto in poi)!

Per Rudolf Steiner l’intuizione è il contenuto interno del pensare rispetto a quello esterno della percezione (R. Steiner, “La filosofia della libertà”, cap. 5°).

Per Johann Gottlieb Fichte, l’attività dell’intuire è qualcosa di molto complesso e massimamente contraddittorio, che sembra uscito, appunto da un UCAS di Stato, o da regolamentazioni costruite dai nostri parlamentari odierni, le cui leggi e commi, copiosamente inseriti gli uni negli altri come in scatole cinesi sono vere e proprie insidie per l’umana comprensione.

Insomma per il massone Fichte, l’attività dell’intuire è possibile esclusivamente tramite passività, a sua volta possibile solo per attività, vale a dire tramite una “passività” (“Leiden”) contemporaneamente resa possibile soltanto da un’attività: l’intuizione (“Anschauung”) è la dinamica in cui opera l’“immaginazione” (“Einbildungskrafr”) determinata dallo spontaneo porsi dell’io come attivo e dal suo incontrare un ostacolo contro cui urta (“Anstoß”, “urto”) e rispetto al quale la direzione della sua attività subisce un’inversione che lo rende passivo.

Ecco i principali termini fichtiani usati dagli odierni predicatori della scienza della libertà di Steiner:

1) “Leiden”, la “passività”, è il patire: l’opposto dell’attività (“Tätigkeit”), vale a dire la negazione positiva e quantitativa della sua realtà;
2) “Anstoß”, l’“urto” è ciò che “accade” all’io inceppandone e invertendone l’attività altrimenti procedente linearmente all’infinito. Anstoß ricopre, nei testi di Fichte, un’area semantica plurivoca, sfumando con “ostacolo” (Hemmung), “impedimento” (Hindernis), “resistenza” (Widerstand), sin quasi a identificarsi con il confine (Grenze), il non-io, e la cosa-in-sé kantiana;
3) “Tätigkeit”, l’“attività” coincide con la realtà, anzi i due concetti sono identici: attività è realtà, realtà è attività;
4) “Einbildungskrafr”, l’“immaginazione è la facoltà teoretica e produttiva per eccellenza che, oscillando tra determinazione e indeterminazione, tra finito e infinito, colti come termini che non sono immediatamente riducibili o conciliabili, rende possibile l’io stesso nella misura in cui è “intelligenza” (“io teoretico”);
5) “theoretisches Ich”, l’“io teoretico”, è l’io nella misura in cui qualcosa di esterno ad esso lo rende “rappresentante”, cioè lo fa “intelligenza”: dunque, soltanto nella misura in cui è dipendente da un indeterminato non-io che ne frena ed ostacola l’attività.

Nella sua “Deduktion der Vostellung” (“Deduzione della rappresentazione” in Fichte, “Fondamento dell’intera dottrina della scienza” [370]), il grande (sic!) Fichte (così lo chiama un certo Hugo di ecoantroposophia.it) è assolutamente convinto di spiegare l’io ordinario illuminandone il “sistema operativo” come se esso fosse uno schema di parole incrociate della Settimana enigmistica: partendo dalla propria idea di intuizione, egli inferisce una serie di altre idee, che dovrebbero valere per le facoltà interagenti dell’io: la ragione, l’intelletto, e la capacità di giudizio. Ma sono tutte idee errate. Per Fichte, l’intuire, “convenendo” al librarsi dell’immaginazione oscillante tra direzioni contrastanti, dev’essere “fissato” affinché possa prendere corpo il prodotto, cioè qualcosa di composto in cui si mantenga la “traccia” (Spur) concreta dei termini contrapposti. Il ruolo di “fissare” l’intuizione spetta a due altre facoltà, la ragione (Vernunft) e l’intelletto (Verstand). Per Fichte il prodotto dell’immaginazione è reale solo dopo essere stato fissato nell’intelletto. La ragione, facoltà del porre assoluto, è attiva ed opera la fissazione del prodotto, cioè determina oggettivamente tale realtà, che prima era solo fluttuante nell’oscillazione immaginativa. L’oggetto determinato è fissato dalla spontaneità della ragione in vista dell’attività riflessiva. Ma l’oggetto è pensato, cioè è concepito e compreso, nell’intelletto. Diversamente dalla ragione, l’intelletto non è attività, tuttavia esplica la funzione decisiva di condurre la riflessione naturale a persuadersi fermamente della realtà delle cose esterne (sic!). L’intelletto (Verstand) non fissa, ma ciò che è fissato è fissato soltanto nell’intelletto e qui ridotto a stare immobile (verständigt). Esso è “l’inattiva, quiescente facoltà dell’animo, il mero recipiente di ciò che è prodotto dall’immaginazione e determinato e ancora da determinare dalla ragione”! È una sorta di facoltà di contenimento, recipiente di ciò che è realmente effettivo: in esso soltanto vi è realtà, e realtà concepita e compresa. Esso IMMOBILIZZA, “FISSA” IL MUOVERSI della circolarità di determinazione dell’attività immaginativa, lo mette in condizione di produrre la grandezza reale di quanto è opposto all’attività spontanea (in termini conoscitivi, dell’oggetto sensibile della conoscenza) e che così soltanto può causare un influsso su di essa (un’impressione sul soggetto conoscente).

Chiaro no? Ahahahahahaaha aha aha ah! Peccato che L’IMMOBILIZZAZIONE E LA FISSAZIONE DEL MUOVERSI non esista, dato che non il MUOVERSI ma solo ciò che è MOSSO può essere determinato.

Fichte ragiona come se l’io possedesse la vita in se stesso. Ma le cose non stanno così. L’io, pur essendo esistente, non possiede la vita, e neanche ne ha bisogno (R. Steiner, “Sedi di misteri nel medioevo”, Milano 1984, p. 21). In termini scientifico-spirituali infatti la vita inizia col corpo vitale o eterico (ibid.).

Eppure gli indottrinati di “scienza” fichtiana continuano “in alto come in basso” a starnazzare filosofismi e legalismi ciarlieri (per usare un termine di Goethe) da ogni parte.

Questo non può avere che un significato: la trasformazione dell’io nel noi.

Questo è in definitiva il pregiudizio dei pregiudizi, che dovrebbe essere fatto fuori.

Il desiderio di arrivare ad una comprensione collettiva della realtà è una cagata pazzesca (W Fantozzi!): un desiderio sbagliato, che considera il collettivo come se fosse un individuo.

E ciò è ancora una volta un misticismo comunistoide.

O popolo di dissennati, che nel terzo millennio seguite ancora le cagate pazzesche del “grande” Fichte, che predicate ancora alla Hugo (:D :D :D) sappiate che con i misticismi, le mistiche, le ideologie, e le teologie, si va solo in guerra gli uni contro gli altri, secondo il solito stile romano del “divide et impera”. È segno che dobbiamo cambiare strada.

Svegliatevi, o bestie immonde! Lavatevi il cervello, o suini dell'antroposofia d'accatto! 

Condividi post
Repost0

Presentazione

  • : Blog di creativefreedom
  • : Musicista, scrittore, studioso di ebraico e dell'opera omnia di Rudolf Steiner dal 1970 ca., in particolare de "La filosofia della Libertà" e "I punti essenziali della questione sociale" l'autore di questo blog si occupa prevalentemente della divulgazione dell'idea della triarticolazione sociale. http://digilander.libero.it/VNereo/
  • Contatti

Link