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13 aprile 2014 7 13 /04 /aprile /2014 10:03

Altra calcata, altro mondo!

 

Nell'UE le lingue ufficiali sono l'inglese e il francese perché i nostri politici ed i banchieri, FIRMATARI di Maastricht (del "MONOPOLIO" di Maastricht), non esitarono neanche un momento a condannare a morte la lingua italiana insieme alla lira...


Oggi la dignità di chi è "governato" dai banchieri e dai "camerieri dei banchieri" è diventata polpetta.

 

I "governanti" continuano imperterriti a rosicchiare, come tarli bulimici, i risparmi della gente, attraverso "autoritative" truffe, estorsioni, e corsi forzosi, generando un patologico contesto sociale in cui si vorrebbe la gente sempre più scientificamente persuasa che "è giusto così", che il MONOPOLIO dell'emissione dei soldi c'è perché "è sempre stato così" fin dal primo secolo dopo Cristo!

 

E la democrazia? Non significa forse governo dei molti anziché di uno solo?

 

Invece siccome è sempre stato così oggi si chiama democrazia la monocrazia. E nessuno se ne accorge.

 

L'individuo è trascinato, suo malgrado, a sottostare ad una dittatura, in cui la "società keynesiana dei consumi" differisce dalle dittature del passato solo in quanto è occulta. In essa l'elemento della violenza manifesta è eliminato da capacità persuasive, subliminali e non, di tipo massmediatico, vigenti nel pianeta e nella sua aura web come mediocrità, pensiero debole, e bipensiero orwelliano.

 

I più cretini ritengono possibile che la vita economica possa funzionare secondo un modello di pensiero, pensato da una sola persona, anche se nel mercato ciò appare come un'assurdità che deprime ogni libero scambio ed ogni reciproca convenienza (Rudolf Steiner, Opera Omnia 341, 4 agosto 1922).

 

Siamo arrivati al punto che chi contesta il modello keynesiano dell'interventismo statale, nonostante i guai da esso generato, è odiato.

 

Ammaestrati dal pensiero non universale delle università (si noti il bisticcio), l'uomo polpetta, peduncolo della coercizione statalista, non ne vuol sapere di provare a correggere gli errori del passato! Anche solo l'ipotesi di un FREE BANKING lo fa inorridire come nel Medio Evo la chiesa cattolica inorridiva davanti ai ragionamenti di Giordano Bruno.

 

Allo stesso modo l'uomo partitocratico, non amando la libertà del pensare, si è abituato ad obbedire, "pensando" come gli dice di pensare il suo capo partito...

 

Quindi se sente il termine "free banking" non lo sente!

 

Ed attraverso il suo modello di pensiero si rifiuta di capire la funzione che avrebbe la vera democrazia, quella in cui ognuno potrebbe essere libero di emettere la propria moneta, cioè la propria promessa di lavoro, ognuno secondo la propria valutazione di questo.

 

Oggi con la tecnologia ciò dovrebbe essere la cosa più facile, dato che appena accendi il computer, il computer "sa" già informarti circa i tuoi interessi personali di acquisto...

 

Occorre pertanto infondere coraggio agli uomini polpetta per farli diventare uomini e basta. Quindi propongo la politica dell'infondere coraggio: "Su polpettina, non buttarti giù così. Stai su. Dai su, non fare così. Su dai, fai il bravo... Diventa un ometto...".

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10 aprile 2014 4 10 /04 /aprile /2014 10:21

NereoVillaOpere

Ovvero DEMOCRAZIA NON È MONOCRAZIA

 

Matteo Renzi è per Sabrina Guzzanti "mostruosamente antidemocratico" ("Otto e mezzo" del 10/04/2014). 

 

Pur non essendo un renziano, trovo discutibile questa posizione. Anzi la trovo una fesseria come il suo contrario, dato che la democrazia, senza la previa eliminazione del monopolio dell'emissione monetaria è un’impossibilità pratica.

 

Tutto l'impianto informativo sembra finalizzato al "divide et impera" dell'imperialismo romano oggi "democraticamente" imperante, come se il "demo" (pluralità) della "crazia" (governo) non significasse sovranità popolare o governo del popolo ma il suo contrario: dittatura, assolutismo totalitario, monocrazia.

 

La democrazia non è monocrazia. Io vado al mercato per comprare o per vendere qualcosa, dando per scontato che chi vende o chi compra concorre al suo scopo solo se lo scambio mercatorio è conveniente.

 

Conveniente lo è però solo se lo scambio è democraticamente bilanciato da ciò che è giusto in base ad uguaglianza umana fra compratore e venditore. Se però avviene che lo Stato democratico garantisce la possibilità della concorrenza vessando il cittadino con scelte obbligate a sostegno dello status quo monopolistico, significa che la libera scelta è impedita e, con essa, è impedita l’uguaglianza. Lo Stato allora promuove NON la democrazia ma un ingiusto mezzo per attuarla.

 

L’antico adagio del fine che giustifica i mezzi dovrebbe essere allora un anacronismo da superare, dato che il mezzo ingiusto rende iniquo il fine giusto. Senza la rimozione del mezzo ingiusto, che in questo caso è il monopolio di emissione monetaria concesso alla banca centrale dallo Stato nel 1926, non può dunque esservi democrazia alcuna, né garanzia di concorrenza democratica o di libera scelta di scambio economico.

 

L’economia politica del gioco borsistico sostituisce così l’economia reale e tutto va in rovina.

 

Per poter controllare i prezzi di borsa e manovrarli basta l'illimitata disponibilità oggi in mano ai signori del monopolio di emissione dei soldi.

 

Certamente costoro non sono i soli responsabili della crisi economica mondiale dato che non solo gli statalisti sono i parassiti che possono permettersi di giocare in borsa, allo stesso modo dei controllori e dei manipolatori di capitali.

 

Il monopolio di emissione della moneta fu possibile in quanto nessuno pensò che con esso lo Stato si sarebbe comportato ancora da imperatore, cioè in modo tutt’altro che democratico. Questa palese aporia fra democrazia e scelte obbligate fece dello Stato un traditore della Repubblica perché trasformò la cosa pubblica (res publica) in “cosa nostra”, o cosa dell’imperatore, cioè nell'anacronistico impero romano occultamente riciclato, dato che Roma imperiale aveva imposto il suo primo monopolio sulla coniazione delle monete già nel 1° secolo dopo Cristo!

 

Chi oggi parla di democrazia dovrebbe pertanto ritenere impensabili sia le dinamiche del monopolio di un imperatore assente che signoreggia però kantianamente come imperativo categorico, sia le dinamiche borsistiche.

 

Come in un organismo umano è impensabile che un organo cerchi di prelevare sangue ad un altro perché quest'altro è infortunato o sta crollando, così in quanto individui soci dell'organismo sociale non dovremmo ridurci a cercare solo di prelevare soldi a chi è meno fortunato e sta crollando. Eppure questa è l'attività dei giocatori borsistici, sostenuta dai banchieri biscazzieri e dai politici loro camerieri, attraverso menzogna su menzogna.

 

Se d'inverno la casa è fredda e il termometro segna sotto zero, per riscaldarmi devo riscaldare la stanza, non dimostrarla calda. Per la mera dimostrazione basta un fiammifero: lo accendi e lo avvicini al termometro, e immediatamente il termometro segna che la temperatura si sta alzando. Intanto tu però muori assiderato. Se vuoi scaldarti devi lavorare, pagare il gas che consumi o raccogliere legna e metterla a bruciare nella stufa. Un solo fiammifero non ti può bastare! Eppure oggi con dimostrazioni e con giochetti di parole ci si comporta come se quel fiammifero potesse bastare. La borsa funziona perciò secondo questo sdoppiamento di giudizi di valore magicamente trasformati in “oscillazioni di borsa”: bastano le parole di qualche politico a produrle. I problemi economici però rimangono. Il freddo rimane.

 

Questa diavoleria è dovuta al fatto che nell’attuale nostro pensiero debole saltiamo passaggi importanti, dando per scontata questa o quella giustizia della morale convenzionale proveniente e diretta da fuori di noi. Credo che dovremmo avvicinarci maggiormente a tali passaggi. "La filosofia della libertà" di Rudolf Steiner offre ad ognuno la loro libera conoscenza...

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9 aprile 2014 3 09 /04 /aprile /2014 11:28

NereoVillaOpere

Anacronismo dei bravi di Don Rodrigo che si riciclano

 

Domanda: "Perchè continuiamo a fare leggi contrarie al nostro interesse?". Risposta: "Perché continuiamo ad essere "bravi" come al tempo di don Abbondio...

 

Oggi è più che mai necessario riaffermare (repetita iuvant!) ed ampliare tutta la questione delle porcherie (altro che "questione sociale") cui nel settembre 2011 accennavo come opera di "porconi", la cui coazione a ripetere ed a perseverare nell'errore, ha proporzioni bibliche.

 

Lo Stato in cui viviamo, in quanto plenipotenziario, è fino a prova contraria, delinquenza organizzata che, mediante regole di monopolio, persegue un lucro tanto legale quanto illegittimo (cfr. sulla differenza fra legalità e legittimità "In piccolo lo specchio della nostra Italia").

 

Questa organizzazione criminale prendeva il nome generale di "mafia", termine che anticamente significava "Mazzini Autorizza Furti Incendi Attentati", e che oggi indica il contrario della "cosa pubblica" ("res publica", Repubblica), vale a dire "cosa nostra". Questo tipo di Stato vige in tutto il mondo, anche se in Italia ha preso altre denominazioni, come "camorra" a Napoli, "'ndràngheta" in Calabria, "bullismo" a Roma, "teppa" a Milano, ecc.

 

Definito come "onorevole", l'uomo mafioso dell'"onorata società" è il politico che, insediandosi nell'"ordine", giura obbedienza assoluta alla carta costituzionale, secondo anacronistica ritualità.

 

La riforma dei bravi è bene espressa in una scena del famoso film del 1963 “Il Gattopardo” di Luchino Visconti, che illustra l'"evolutivo" passaggio in Sicilia dalla dominazione dei borboni alla dominazione dei sabaudi affinché “tutto cambi affinché nulla cambi”. Le cose non sono cambiate. Le cose si ripetono e non solo dal tempo di quel passaggio, bensì già da quello dei bravi di Don Rodrigo, che si riciclano nella classe politica attuale.

 

"I promessi sposi" di Alessandro Manzoni è un romanzo che, descrivendo i costumi sociali della Lombardia dominata dagli Spagnoli, inizia la sua narrazione sotto la data del 7 novembre 1628, con un tipico atto di mafia: l'imposizione intimidatoria, fatta da due bravi (oggi li chiameremmo killer) ad un prete di campagna, don Abbondio, da parte di un capomafia locale, il boss don Rodrigo che quando intende compiere un atto mafioso più potente del solito, come il sequestro di Lucia dal convento di Monza, ricorre per aiuto ad un boss più potente di lui, all'Innominato, per portare a termine il suo piano criminoso (Cap. XX). In questo romanzo c'è anche la mafia "dei colletti bianchi", rappresentata dall'avvocato, il celebre "dottor Azzeccagarbugli", che rifiuta, nel cap.III, di assistere legalmente Renzo contro il boss don Rodrigo: e difatti, nel cap. V, lo troviamo alla tavola del boss locale, a rimpinzarsi di cibo, a lodarne i vini, e a suggerire furbesche soluzioni in materia cavalleresca. E non manca neppure l'intimidazione alle autorità costituite, con il caritatevole consiglio dato al console del paesello natio Renzo e di Lucia, dai due soliti bravi, di non far relazione al podestà di quanto era accaduto nella "notte degli imbrogli", se aveva "cara la speranza di morire di malattia", come esattamente scrive Manzoni (cap. VIII): che è tipico linguaggio intimidatorio, ancora oggi adoperato dalla mafia e dalle carte di Equitalia, dato che nulla è cambiato da allora se non la forma che si è fatta più occulta.

 

Le cose però permangono in sostanza tali e quali, perché non durano solo da secoli. Durano da millenni, dato che aspettano ancora l'intervento dell'io umano per cambiare veramente.

 

Insomma, la riforma gattopardiana in cui i bravi di oggi sono i politici del malaffare, è qualcosa che ha proporzioni bibliche, tanto che nell'ultimo libro dell'Apocalisse si parla della gran prostituta, come dell'istituzione delle istituzioni, oggi incarnata nella chiesa cattolica, mai voluta da Gesù, detto il Cristo. Sappiamo oramai tutti cos'è lo IOR...

 

Oggi si fa un gran parlare dell'euro e del ritorno alla lira o dell'istituzione di una nuova moneta. Ciò che però sfugge ai bravi porconi di oggi è la cosa più importante: se la principale caratteristica dell’euro consiste nel non essere convertibile in oro al portatore, ciò valeva anche per la lira, nonostante questa portasse stampigliata sulle banconote la scritta “pagabile a vista al portatore”, che avrebbe dovuto garantire all’individuo il diritto di tale conversione in oro. Questo per dire che oggi usiamo una moneta senza minimamente renderci conto del fatto che questa è uno strumento monetario non garantito dalla banca centrale che lo emette, ed il cui valore dipende solo da costrizione e sottomissione, cioè da un elemento forzoso e da una sottomissione ad esso.

 

L’elemento forzoso consiste nel monopolio di emissione, concesso alla banca emittente da un diritto di Stato, che non ha ragione di essere, a meno che lo si voglia intendere come diritto di uno Stato... di diritto. Neanche in tal caso però la cosa può stare in piedi: in uno Stato di diritto, ognuno dovrebbe avere il diritto, appunto, di convenire ad una convenzione monetaria, conveniente a tutti, per lo scambio di beni e servizi. Ciò significherebbe conseguentemente diritto universale di “free banking”, vale a dire di emettere liberamente moneta propria, in banchi di cambio e di scambio propri, senza essere penalizzati dalla tirannia del diritto di Stato, consistente, appunto, in tale monopolio di emissione.

 

Il diritto di Stato è dunque la negazione dello Stato di diritto e viceversa, così come “cosa nostra” è la negazione della cosa pubblica, o della Repubblica (dal latino “res publica”) e viceversa.


Oggi viviamo in un totalitarismo plenipotenziario chiamato “Stato di diritto” concepito come “cosa nostra”, cioè come “diritto di Stato” o diritto di pochi (armati o che si avvalgono di forze armate) sui molti (cioè sui restanti) inermi, dunque come mafia generatrice, mediante imposizione violenta, di sottomissione.


In questo contesto di mancanza di libertà, la carestia del suddito e l’abbondanza del tiranno vanno di pari passo: la crisi economica della gente sottomessa e costretta ad accettare il monopolio di emissione dei soldi, va di pari passo con la prosperità dei banchieri delle banche emittenti, che sfruttano tale monopolio con fine di lucro. Le banche emittenti prosperano a spese dei sottomessi, ai quali mettono, sì, a disposizione il servizio di stampa delle banconote, ma facendosi risarcire non solo delle spese tipografiche e del lavoro dei tipografi, come sarebbe giusto, ma anche del valore nominale stampigliato come cifra sulle banconote, valore al quale oltretutto aggiungono gli interessi su tali cifre!


È molto semplice osservare come questa dinamica risulti antilogica e perciò generatrice di inadempienza del risarcimento. Se per esempio io, detentore del monopolio, ti stampo un biglietto da 100 e te lo do’ per i tuoi scambi commerciali pretendendo come compenso, oltre alle spese di monetaggio per quel biglietto (carta, inchiostro, stampa, ecc.), anche il corrispettivo “100” in beni e servizi, più gli interessi, significa che io metto in atto un contratto di prestito impossibile da adempiere. Infatti come fai a restituirmi tali spese, i 100, e gli interessi, se hai solo quel biglietto da 100? Dovrai per forza di cose chiedermi di stamparti altri soldi. Così però si creerà solo un debito non solo progressivo ma esponenziale nei miei confronti.


Viene pertanto il tempo in cui i dominati dovranno creare, per non soccombere, strumenti monetari liberi dalla tirannia del monopolio. Solo una moneta libera da monopolio può sostituire la moneta vigente, qualunque essa sia, euro, lira, nuova lira, ecc. Orientarsi in tal senso per finanziare attività locali sgravando di conseguenza i nativi dalle imposte che vanno a finire nei “diritti di monopolio” (e/o nel “debito pubblico”) di una Repubblica delle banane (e/o di “cosa nostra”), è l’unica via percorribile per uscire dal caos sociale in cui siamo piombati. Come si ottiene ciò? Diffondendo cultura di libertà dal monopolio. Il free banking non si ottiene dai politici o con forze armate. Il free banking si ottiene con la forza del pensare.

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8 aprile 2014 2 08 /04 /aprile /2014 11:29

La grande palude in cui i cosiddetti riformatori sociali continuano ad impantanarsi è costituita dall'aporia (impossibilità a procedere) fra tre logiche essenzialmente diverse fra loro: logica del diritto, logica culturale e logica economica, le quali sono pensate come se fossero una sola logica.


Questo "come se" è determinante nel generare la retorica di palazzo o, chiamatela come volete, la "captatio benevolentiae", il sillogismo approssimativo, l'entimema, l'ornamento, la seduzione formale, ecc. Insomma, l'essere umano è intelligente nella misura in cui è veggente, ed è veggente nella misura in cui si accorge di queste tre forme di logica. Se un ente, come ad esempio lo Stato, impone all'uomo di usare una sola di queste tre logiche, è ovvio che l'uomo a lungo andare perde con la sua veggenza anche la sua intelligenza. Perde cioè la sua "sindéresis", cioè la capacità di distinguere fra il bene e il male (lo dimostra il fatto che molti vocabolari della lingua italiana non contengono neanche più la parola italiana "sindéresi").


Coi seguenti tre esempi vorrei chiarirlo: in base a logica puramente economica un ente ti costringe a distruggere gli agrumi per renderli rari ed aumentare così il loro prezzo; in base a logica puramente giuridica un ente ti costringe a credere che i fatti non esistono e che esistono solo le interpretazioni dei fatti; in base a logica puramente culturale un ente ti costringe a studiare allo stesso tempo la relatività di Einstein e la velocità della luce come costante assoluta e quindi non relativa...


Le aporie o le contraddizioni che sentiamo giornalmente in TV come un martello compressore del nostro "pensiero debole", contribuiscono a lasciare andare tutto in rovina, dato che tutto sembra filare senza che possa affacciarsi un minimo residuo di giudizio critico.


Il ragionamento di Tomaso Montanari ("Che tempo che fa" del 05/04/2014) è per esempio giusto ma proprio perché è giusto il Montanari è costretto a contraddirsi: prima, afferma l'esigenza sociale di una "politica culturale" (poggiante su uguaglianza), poi afferma invece l'esigenza sociale di uscire da questa "politica", rimettendo nelle mani del singolo la conoscenza (poggiante su libertà).


Ecco perché Rudolf Steiner aveva visto bene considerando le scuole (cioè la cultura e in generale la sfera spirituale) all’interno e come primo passo di una TOTALE riforma dell'organismo sociale, cioè di una società in cui lo Stato intervenisse NON PIÙ nella vita culturale ed economica dei popoli (come avviene oggi dappertutto nella concezione dello Stato plenipotenziario), ma solo nella vita del diritto, onde appunto l'idea risanata di Stato di diritto come terzo dell'intero organismo sociale, formato anche dai restanti due terzi: economia e cultura, relativamente indipendenti rispetto al diritto, cioè triarticolati fra loro.

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31 marzo 2014 1 31 /03 /marzo /2014 12:08

NereoVillaOpere

 

Il debito pubblico e la guerra veniente - Scrive Marco Bracci ("Giornaletto di Saul"): “... ho la spudoratezza di pensare che tutta l’attuale crisi economica finirà quando Papa Francesco, dopo aver ben oliato le menti della gente con il suo perbenismo, le sue dolci parole e la sua simpatia per derelitti e poveri (salvo stringere la mano ai potenti), avrà deciso (meglio, il suo capo gli avrà detto di decidersi a dire) che il signoraggio è iniquo e che bisogna eliminarlo. Come per incanto la crisi finirà, l’economia riprenderà, lui sarà fatto santo da vivo... e scoppierà la terza guerra mondiale”.

 

Anch'io la penso così. 

 

Il cristianesimo non si è mai attuato.

 

Certamente i primi martiri cristiani sono esistiti, ma questo fenomeno riguarda solo l'iniziale fermento di rivolta contro una tirannia che ben presto imparò ad occultarsi nelle vesti di cristianità di Stato (cattolicesimo) pur di continuare ad imperare non solo sulla fisicità dei sudditi ma anche sulla loro coscienza individuale. In tal modo è stato crocifisso non solo il corpo fisico di Gesù di Nazareth, detto "Cristo", ma con precisione anche il senso del cristianesimo stesso.

 

Di fatto siamo rimasti nel vecchio testamento, fattosi kantiano “dover essere” soldati di Cesare e di Pilato, mascherati da “soldati di Cristo”.

 

Quindi siamo ancora schiavi di un faraone, mascherato da unigenito capo dello IOR. Confessioni religiose e Stati, in quanto intercapedini le une degli altri, sono sonniferi!

 

Da gesuita qual è, Bergoglio sceglie il nome Francesco (San Francesco avrebbe, come minimo, eliminato lo IOR e restituito il maltolto!) per il suo pontificato senza cogliere la palese contraddizione che tale nome comporta rispetto agli interessi del vaticano, oppure la coglie e fa finta di niente?

 

Da sempre infatti il gesuitismo mira a trasformare l'io, impulso del "Cristo" (il "Cristo" è il nome tecnico dell'involucro sinderetico dell'io umano) in una signoria terrena, cioè in uno Stato terreno di gesuiti governato come si addice a chi si è fatto “soldato” di Cristo. Il "figlio dell'uomo", altra denominazione dell'io, figlio dell'umanità, non proveniente da carne e sangue, ma dall'individualità immateriale di ogni creatura umana, non è istituzionalizzabile. Pertanto la sua istituzione, l'"istituzione del Cristo" è la solita menzogna cattolica.

 

 Sottolineo che l'attuale presidente della banca vaticana è l'armaiolo ebreo tedesco Ernst von Freyberg. I gesuiti usano il loro nemico implacabile, gli ebrei, per favorire i loro progetti di dominio mondiale. Se vernissero riconosciuti in ciò sarebbero maledetti e ne subirebbero le conseguenze. Quindi usano un nemico che potrà poi essere distrutto in questa dinamica, portando così a termine due obiettivi contemporaneamente. Il popolo ebraico è dunque il perfetto capro espiatorio. I Rothschild non sono forse agenti gesuiti che operano sotto copertura ebraica dal 1776 nella formazione degli Illuminati (cfr. Bill Hughes "The Enemy Unmasked", e Oliviero Mannucci "I gesuiti controllano l'ordine mondiale")? Ragazzi svegliamoci...

 

***

Per chi legge l'inglese sono consigliabili le letture di

http://vaticanassassins.org e in particolare della pagina
 http://vaticanassassins.org/2014/02/08/satanic-jesuit-triumvirate-adolfo-nicolas-peter-hans-kolvenbach-pope-francis-i/

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25 marzo 2014 2 25 /03 /marzo /2014 11:44

video in rifacimento

C O M P R E N D E R E   I L   N O M

 

Il NOM è un modello di gestione de-centralizzata, dove ogni partecipante diventa un nodo co-responsabile del circuito alla pari di tutti gli altri partecipanti, e dove il rapporto con la moneta "ufficiale" Euro deve al massimo essere il frutto di un incidente di percorso di qualcuno a livello individuale, che non possa comunque ricadere sulla responsabilità di nessun altro nel circuito e tanto meno sul Circuito stesso!

 

I parassiti hanno riempito di valore la moneta, facendone un fine da mezzo che era in origine: il compito del NOM è restituire alla moneta la caratteristica originaria di mero mezzo/strumento contabile (memoria di scambi).

 

Illudersi di non incontrare ostacoli sarebbe da sconsiderati: ci vuole concretezza, i parassiti non resteranno a guardare, perché dove c'è materia in decomposizione essi crescono, e nell'organismo sociale la decomposizione si chiama "divisione" tra i suoi soci.

 

I parassiti impiegheranno tutti i mezzi per dividere e fare a pezzi l'organismo sociale, quindi occorre essere preparati ad ogni evenienza.

 

Era prevedibile che i parassiti incontrassero gli odierni problemi, perchè agirono sempre con la mentalità da vecchio paradigma: fare quattrini, e/o rubare mercato ai big boss coi loro medesimi strumenti speculativi. Ma un simile modo di comportarsi è da polli che vivono poco.

 

Per lavorare senza rotture di scatole i costruttori del NOM (ognuno può associarsi alla costruzione per portare nuove idee migliorative in modo sempre verde) stanno allestendo un circuito che non si mette in competizione con la moneta ufficiale ma che ha tutte le potenzialità per poterne farne a meno.

 

In ambito NOM si può usare la moneta NOM come si vuole, in percentuale o in toto. Solo le tasse vanno versate interamente in euro, proprio per evitare "attenzioni" non richieste. Con questa formula, regolata dal codice civile (fiscalmente il circuito Econom è regolato dall'articolo 1552, quindi è un contratto di reciproche permute con pareggio periodico) si è ufficialmente inseriti in un sistema simile a quelli di monete usate tra imprese tipo Sardex, B&B, Sicanex, ecc., ma senza costi per il socio perchè sarà lui a cercarsi le imprese con cui scambiarsi Nom, e sarà lui a stamparsi i Nom cartacei, ed a promuovere il circuito tra i suoi contatti.

 

Non c'è nulla da perdere a provarci.

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20 marzo 2014 4 20 /03 /marzo /2014 17:07

Ogni mio video proviente dal futuro perché il presente, terrorismo di Stato, è destinato a divenire passato.

Gli odierni pianificatori della moneta unica affermano che l'euro appartiene a chi ne accetta l'indebitamento. Ciò è come affermare che la mia biro è mia perché accetto di indebitarmi del suo valore. Quindi, secondo questa strana logica, la mia biro sarebbe mia perché accetto che non sia mia.

Non è uno scherzo di qualche bontempone. È la realtà dei fatti. 

Ovviamente se io cittadino accetto sono indebitato. Ma qui vi è un "se" dubitativo o condizionale di troppo, dato che io cittadino NON posso NON accettare, e l'Art. 128 del "Trattato sul funzionamento dell'UE" (ex articolo 106 del TCE, comma 1b) è molto chiaro in proposito: "Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell'Unione"!

In base a questo monopolio di emissione è per legge vietato all'europeo l'uso di qualsiasi altro strumento monetario!

Sfugge al cittadino una cosa talmente ignobile che egli non può sospettare: chi emette addebitando SI APPROPRIA del valore addebitato, perché addebitare o prestare è prerogatova del proprietario.

Questa è dunque la dinamica di una truffa nella misura in cui è vietato il free banking in nome di detto monopolio di emissione di valuta. Quando chi accetta un indebitamento è costretto ad accettarlo significa che un elemento forzoso lo costringe ad accettarlo, e ciò non può che delinearsi come una truffa.

La truffa dura da secoli perché si è sempre fatto così, e non si è mai considerato che entrando nella democrazia l'individuo non dovrebbe più sottostare alla signoria di faraoni o imperatori o divinità dell'Olimpo.

Il tempo dei tiranni, cioè dei signori che si appropriano ingiustamente di un dominio, o che lo esercitano con violenza (cfr. alla voce "tiranno" Ottorino Pianigiani, "Vocabolario etimologico della lingua italiana", Ed. Melita, La Spezia 1991, p. 1484) è finito, o almeno, dovrebbe essere finito!

Il monopolio dell'emissione monetaria è sopraffazione, catafratta di legalità priva di legittimità, che svuota le tasche dell'europeo secondo modalità di associazione a delinquere.

Nessuna riforma sociale potrà attuarsi se lo Stato di diritto anziché occuparsi di diritto vorrà continuare ad occuparsi tirannicamente, cioè da Stato plenipotenziario qual è, anche di economia e di cultura, distruggendole di conseguenza.

Il socialismo essendo essenzialmente lotta CONTRO ogni forma di tirannia (cfr. Rudolf Steiner, "Lo studio dei sintomi storici", Milano 1961, pag. 220).

Oggi è il tempo in cui di necessità l'individuo dovrà comprendere che "socialismo, libertà di pensiero, e scienza dello spirito sono tre cose che non possono essere separate una dall'altra" (Rudolf Steiner, "Esigenze sociali dei tempi nuovi", 4ª conf., Dornach, 06/12/1918, Ed. Antroposofica, Milano 1971). Devono stare insieme perché solo così ci si può difendere dalla tirannia, qualunque essa sia.

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12 marzo 2014 3 12 /03 /marzo /2014 16:17

Da sempre gli anglofoni vogliono dominare il mondo schiavizzandolo economicamente con esperimenti socialistici in ambiti non anglofoni (Cfr. Rudolf Steiner, "Esigenze sociali dei tempi nuovi", Milano 1971, nota 20, pag. 300). Vedi ad esempio anche l'odierno proficuo rapporto dell'Inghilterra e dell'America con l'euro e con l'eurozona: come si intrapresero in Russia esperimenti socialistici che per precauzione non si vollero intraprendere in Occidente, generando la prima guerra mondiale, e poi la seconda come contraccolpo, così oggi le medesime potenze anglofone fanno esperimenti monetari a spese dell'eurozona. È quanto io evinco dalla lettura delle conferenze di Steiner sopra citate.

Occorre dire la verità. La carta geografica della suddivisione dell'Europa dopo il 1918, cioè all'indomani della prima guerra mondiale, fu pubblicata già 28 anni prima (1890) dall'inglese Labouchère sul settimanale "Truth" con Austria e Cecoslovacchia indipendenti, con la Germania suddivisa e con lo spazio russo sul quale erano scritte le parole: "Deserto. Stati per esperimenti socialistici" (Arthur Polzer-Hoditz, "Kaiser Karl", Zurigo 1928, pag. 91, in R. Steiner, op. cit.). Oggi, "nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario" (Orwell). Eppure "la saggezza è solo nella verità" (Goethe).

Oggi solo persone risolute sono in grado di divulgare verità. Il documdentario "Cual revolucion?" prodotto da Leonardo Facco, è un esempio di tale risolutezza, e quindi di libera cultura promotrice di triarticolazione sociale. Davanti a un mondo statalista in cui il pilatismo nichilistico ed anacronistico si straccia volentieri le vesti al solo sentire termini come "verità" o "libertà", l'individuo in grado di farsi giustizia da solo - cosa oggi più che mai necessaria - non può più essere quello della lotta armata, o di classe, o della falsa democrazia, ma esclusivamente quello che dice la verità dei fatti interpretati secondo mera logica di realtà. Coloro che apprezzano l'opera di Rudolf Steiner non possono non apprezzare opere come "Cual revolution?".

Oggi è il tempo in cui di necessità l'individuo dovrà comprendere che socialismo, libertà di pensiero, e scienza dello spirito sono tre cose che non possono essere separate una dall'altra. Devono stare insieme perché solo così ci si può difendere dalla tirannia delle superpotenze anglofone miranti all'attuazione del cosiddetto nuovo ordine mondiale. Il vero socialismo non può essere tirannico, dato che "nel suo intimo, rappresenta la lotta contro il principe usurpatore di questo mondo, che appare quando [...] non si affida l'organizzazione esteriore alla pura fraternità sociale" (R. Steiner, "Lo studio dei sintomi storici", Milano 1961, pag. 220). 

 

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10 marzo 2014 1 10 /03 /marzo /2014 12:11

All'economia di Stato lo schiavo fa comodo così: scientificamente persuaso del nichilismo relativistico in cui tutto non può che essere opinione, perfino la stessa matematica.

Oggi è il tempo dell'imbecillità in cui lo schiavo, anche se morto di fame, afferma con certezza che non può esservi certezza alcuna, e che anche la matematica è un'opinione.

Avendo smarrito i punti di vista universali, abbiamo raggiunto il punto zero dell'efficacia della politica, e vogliamo perseverare nell'errore, dato che, credendo che non esista verità, non si può neanche credere che vi sia una non verità.

È allora difficile accorgersi degli errori.

Se non ci innalzeremo alla vastità delle vedute dei punti essenziali della mai risolta questione sociale, resteremo nel nichilismo nientista del "parolismo", nel parlamentarismo, nel dibattito fra sordi, ciechi e muti, come le tre scimmiette...

Ritrovare la strada verso l'universalità del pensare è l'unica possibilità di liberazione dello schiavo attuale.

I limiti che abbiamo posto alla conoscenza hanno come unica funzione quella di essere ravvisati come pregiudizi che la conoscenza può superare.

In tal senso, la tecnoscienza dei cosiddetti "quanti" del mondo submateriale o subatomico o delle sub-particelle, ha come unica funzione quella di condurrre l'uomo fuori dal subumanesimo in cui si è ingarbugliato impedendosi di accorgersi che l'antimateria non è altro che il pensare da cui egli vorrebbe continuamente sfuggire, deresponsabilizzandosi.

In tal senso, se al mondo non ci fosse la grande crisi dell'economia (già a partire dalla sua culturizzazione malata; cfr. Nereo Villa, "Etimologia di ECONOMIA"), la situazione del mondo sarebbe peggiore, perché l'errore procederebbe su tutti i fronti terrestri, indisturbato e legittimato sotto il segno della democrazia e delle convenzioni sociali, cosicché lo statalismo raffinatamente legalizzato continuerebbe tranquillamente la sua opera di formazione dello schiavo, automatizzandolo ed animalizzandolo, senza contrasti frontali.

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26 febbraio 2014 3 26 /02 /febbraio /2014 16:46

L’antica età dell’oro, nella quale la miseria e le guerre erano assenti perché era l’armonia della natura a predominare nell’organismo della società, era  fondata sulla pastorizia e sulla raccolta dei frutti della terra.

La parola “economia” proviene da questa situazione aurea formata da due precisi concetti della lingua greca: “oìkos” e “nomòs”, che significano rispettivamente “casa” e “pascolo”.

Infatti “nomòs” non ha solo il significato di “pascolo” ma soprattutto di luogo del pascolare: la regione in cui la pastorizia è possibile e che pertanto determina il pascolo (“nomòs”) rende possibile “fare economia” nel senso più equilibrato del termine, cioè secondo una naturale sobrietà di accumulo di “pecunia” (dal latino “pecus”, pecora) adatta allo scambio mercatorio anche in tempi di scarsità di raccolto.

In altre parole, la tendenza egoistica di qualcuno all’accumulazione all’infinito di “capitale”, anche a danno di altri “soci” dell’“organismo sociale”, era scongiurata, perché l’economia della casa (cioè di “oìkos”, che significa non solo “casa” ma anche “territorio”), fondata sul pascolo (“nomòs”), era caratterizzata dall’avere quantità di capi di bestiame proporzionali alla qualità del territorio ospitante: greggi e mandrie non potevano crescere in modo esponenziale (come avviene oggi nell’economia non reale fondata su strumenti monetari illusori e su giochi di potere borsistici).

Una simile crescita esagerata sarebbe stata antieconomica perché avrebbe portato alla rovina l’intero “capitale” per mancanza di alimentazione adeguata del gregge.

Gregge o mandria erano dunque proporzionali all’area sulla quale si trovavano.

Diversamente dai manipolatori di capitali e dagli economisti, i pastori sani di mente trovavano insensato accumulare oltre le proprie possibilità di gestione.

Il primigenio strumento monetario per lo scambio di mercanzie (di beni e sevizi) nelle prime forme di mercato fu dunque la “pecunia”.

Il concetto di “capitale” proviene sia dal “capo” nel senso di testa umana o di capo di bestiame, sia dal “foraggio”: in latino "caput", plurale "capita", significa sia “testa” che “capitale”. E "capitum", che significa “foraggio”, “razione”, ha il medesimo plurale "capita"!

Anche da ciò si evince che il capitale ed il foraggio dovevano  andare di pari passo.

L’aumento insensato di “capitale” sarebbe stato infatti controproducente per tutti.

Partiva da qui la ritualità della fede nelle divinità del luogo: si trattava di una “convenzione”, che a differenza delle nostre attuali fedi e convenzioni (o convinzioni partitocratiche) era “conveniente” per tutti. Quindi (si trattava di) una “convenzione” “conveniente” per tutti, cioè per ogni essere umano che per un motivo qualsiasi era “convenuto” in quel determinato territorio dell’organismo sociale.

Ecco dunque il senso del consumo rituale, offerto alla fine di ogni annata alle divinità locali. Era la necessità di consumare il sovrappiù di “capitale”, evitando così che deperisse inutilmente, cosa che avrebbe irritato gli dei, che generosamente avevano favorito il sobrio “accumulo”, cioè il mantenimento sano dei capi di bestiame durante la stagione.

Nell’età dell’oro non sarebbe dunque stato possibile accumulare capi di bestiame senza doversene prendere costantemente cura e senza foraggiarli!

Nei tempi antichi fra le divinità c’era la dea Moneta e la dea Pecunia.

Pecunia era una dea che i Romani invocavano per avere ricchezza in abbondanza, cioè un’economia fiorente.

Col prevalere dell’astratto sul concreto, cioè col primo “tradimento dei chierici” della storia, termina l’età dell’oro.

Il capitalista, cioè colui che possedeva capi di bestiame in modo armonico, era diventato preda della mentalità contadina, che aveva prevalso su quella del pastore.

Le cose perciò incominciarono a degenerare: il concetto stesso di ricchezza, anticamente legato al possesso di quantità di capi di bestiame proporzionata ai pascoli territoriali, si trasformò in quello di quantità crescente di capi di bestiame, grazie alle fosse contadine (corrispondenti ai moderni silos) per conservare il foraggio.

E pian piano l’uomo non capì più il senso dell’antico ritualismo.

Un esempio di ciò lo abbiamo tanto dal pagano  Arnobio (255 - 327) quanto dal cattolico sant’Agostino (354 - 430), i quali, dimostrando di avere capito ben poco dell’armoniosa economia degli antichi tempi, rimproveravano i politeisti di aver posto Pecunia fra il numero delle loro Divinità da invocare.

Come Giuda che si lamentava con Gesù della sua economia epicheica che non riusciva a capire, Agostino è il prototipo del tradimento dei chierici, perché trovava indecente che la moneta fosse qualcosa di sacro. Ciò disturbava la vasta cultura di Agostino. Varrone (116 a.C. - 27 a.C.) opponendosi alle dichiarazioni di Giovenale (60 circa 140 circa) che l’aveva negata, aveva infatti provato l'esistenza di cerimonie propiziatorie di buona economia, ignote perfino alle persone più erudite.

Se consideriamo alcuni tratti mitologici della moneta, vediamo come questo concetto sia pian piano degenerato rispetto a quello antico.

Il termine "moneta" proviene dalla triade di significati del verbo latino  "moneo", rispettivamente connessi alla "mente" (ram-"ment"-are), alle "membra" (ri-"membr"-are), ed al "cuore" (ri-"cor"-dare).

La parola latina "moneta" traduce infatti anche il greco "mnemosine", e Mnemosine era la personificazione divina, appunto, della memoria!

Il dimenticare collettivo di queste cose da parte di uomini nei fu sempre di più indebolito il giudizio critico, caratteristica essenziale dell’umano, fu letale anche per la moneta, che in tale contesto di mancanza di cultura è divenuta l'esatto contrario di ciò che avrebbe dovuto essere, cioè “deperibile” come i chicchi di grano delle messi di Giunone, per esempio!

Moneta era infatti il soprannome di Giunone, la dea chiamata anche “Avvertitrice” perché nel 390 a.C., durante l'invasione dei Galli, le oche sacre del suo santuario “Giunone Moneta”, situato nella sommità nord del Campidoglio, dettero l’allarme coi loro starnazzi, mentre il nemico cercava di assalire la collina con un attacco notturno.

In quel tempio si batteva moneta chiedendo consiglio alla dea, e in segno di ringraziamento per le sue risposte si stabiliva che il conio della moneta venisse effettuato sotto i suoi auspici.

La moneta avrebbe dovuto essere come il grano, qualcosa che come tutto quello che è messo nel divenire, nasce, cresce e muore, facendo sviluppare nel terreno una nuova spiga, utile per il pane e per una nuova semina nel ciclo fiorente del tempo.

Invece la moneta è divenuta un’illusione: qualcosa che anche se messa nel mondo del divenire è spacciata come essere eterno.

Infatti oggi si crede cosa buona e giusta che basti avere un capitale monetario, magari da giocare in Borsa, per vivere di rendita. Ma ciò porta solo ad un’economia degenerata che non c’entra nulla con l’economia reale né col “fare economia” fin qui inteso.

Con l’avvento del pensiero scientifico, e poi dell’illuminismo, e del livellante relativismo culturale, altri esempi di tradimenti dei chierici mostrano come, terminando la fede nelle antiche divinità del politeismo e quella nel monoteismo (morte di Dio), ne sia iniziata un’altra, quella nella scienza intesa come nuovo dogmatismo.

Che la fede antica sia scemata è senz’altro un bene ma a patto che gli dei che si vollero buttare fuori dalla porta della nostra coscienza come misticismo non ritornino poi in noi come superstizione scientifica.

Intendo per superstizione “quod super stat”, cioè “ciò che sta sopra”, vale a dire qualsiasi cosa possiamo porre sopra di noi come mero principio astratto immotivato. Oggi infatti non può più essere possibile un elemento unificatore degli esseri umani che gli esseri umani non possano verificare in se stessi.

“È assurdo ricercare negli esseri singoli del mondo - dice Rudolf Steiner - qualcos’altro di comune, al di fuori del contenuto ideale che il pensare ci fornisce. Tutti i tentativi tendenti ad un’altra unità universale che non sia questo contenuto ideale ottenuto per mezzo del pensare applicato alle nostre percezioni, devono fallire. Né un Dio umanamente personale, né energia o materia, né la volontà, senza idee, di Schopenhauer, possono far da unità universale” (E questo lo dice nel cap. 5° de “La filosofia della libertà).

La degenerazione della moneta e dell’economia ingigantì a tal punto la povertà della maggior parte degli esseri umani a favore del gruppo dei manipolatori di capitali, che l’uomo, credendo illuminata la convinzione che per contrastare l’arricchimento dei ricchi a discapito dei propri simili sempre più depauperati, dovesse operare NON più nella concretezza di una cultura basata su logica di realtà come è per esempio quella della conoscenza dell’etimologia del termine “economia”, bensì con un atto di imperio, cioè con atti di forza istituzionalizzati.

Così facendo, però, mentì a se stesso. Ingannò se stesso.

Tale tradimento dei chierici fu infatti anche l’implicita svalutazione dell’individuo umano a favore della Legge del gruppo, divinizzata.

Infatti, l’atto di forza istituzionalizzabile, per risultare giusto, avrebbe dovuto necessariamente essere regolato da una legge impersonale che tenesse conto dell’interesse generale considerato superiore a quello individuale.

In tal modo, cercando di far risultare giusto un atto di imperio sull’uomo che imperasse sulla degenerazione delle cose e degli uomini, non ci si accorse che l’atto di imperio fu il via ad un’ulteriore degenerazione, la quale diventò addirittura materia di studio nelle istituzioni delle scuole dell’obbligo. E ciò avvenne  secondo la stessa logica astratta che aveva già provveduto ad imperare sull’economia reale, cioè concreta.

Infatti nella logica di realtà non potrà mai essere giustificato l’imperio dell’uomo sull’uomo (a meno che si volesse definire la natura umana come malvagia, ma ciò imporrebbe che l’uomo non si occupasse in  modo assoluto di nulla, essendo malvagio…

Dunque l'economia non solo degenerò. Perfino l'etimologia del termine "economia" incominciò ad essere intaccata, così che si fece di essa una non-scienza: un valore normativo, impositivo, e forzoso.

È risaputo che l’odierna degenerazione istituzionale dei nostri legislatori ha come attività principale l’occuparsi di virgole, punti ed accenti, cioè di punteggiature. Punteggiature che però fanno la differenza. Un esempio di due secoli fa può chiarirlo: un condannato aveva presentato domanda di grazia al re (Umberto I). Il Ministro di Grazia e Giustizia aveva inoltrato la domanda con questa postilla: “Grazia impossibile - virgola - lasciarlo in prigione”. Il re invece spostò la virgola così “- virgola - impossibile lasciarlo in prigione” e diede la libertà al condannato.

Ecco perché ho ritenuto necessario spiegare spesso che l’etimologia di “economia” studiata oggi nelle scuole di Stato è un’aberrazione.

La parola greca "nòmos" significa “norma”, “legge”. Non significa “pascolo”. Quello è “nomòs”. “Nòmos” invece riguarda il diritto, ma il diritto non c’entra nulla col “nomòs” inserito nella parola “eco-nomia”, che significa, appunto, “pascolo”; e neanche c’entra con l’economia reale, la cui logica è quella degli scambi che si fanno al mercato.

Lo Stato di diritto, non dovrebbe occuparsi di tali scambi se non vuole essere un diritto di Stato, cioè un conflitto di interesse permanente. 

Il cambio d’accento da “nomòs” a “nòmos”, operato dal tradimento dei chierici universitari che sono culo e camicia coi legislatori del malaffare, con tutti i politici compiacenti, e con tutta la cultura massmediatica, è letale per l’economia, e genera la cosiddetta  economia politica, o la politica economica che dir si voglia, vale a dire l’amministrazione politica dell’economia, che è la MORTE dell’economia.

Il pensiero che vuole realizzare una cosa del genere ce lo mostrano i numerosi programmi di partito e di governo odierni.

Lo stesso Matteo Renzi, insediandosi come capo del governo italiano, ha per esempio dichiarato innanzitutto che la cosa più importante per un governo è la scuola, ovviamente la scuola dell’obbligo in cui si fanno studiare cose dall’accento sbagliato (bisognerebbe ricordargli!)!

Infatti ci si basa ancora sull’errore etimologico di Rousseau, che riferendo l’economia ai termini “oikos” e “nòmos”, la spiegò  come governo della casa “saggio e legittimo” (Rousseau, “Grande Encyclopédie”, 5° vol.).

Si crede che certi settori di produzione vadano amministrati collettivamente per omologarli in campi amministrativi più vasti, cioè in una sorta di centrale amministrativa che diriga il tutto in una sorta di mega ufficio economico centrale che amministri tutto il consumo e tutta la produzione.

Ma cosa c’entra il diritto con la produzione e il consumo o con la routine dell'amministrazione politica da applicare alla vita economica?

In base a tali programmi può solo verificarsi che la vita economica diventa completamente politicizzata perché gli interessati conoscono solo l'amministrazione della politica.

E ciò non significa altro che la distruzione politica della vita economica.

“Nomòs” non va d’accordo con “nòmos” perché il pastore non ha bisogno della “Legge” della pastorizia, così come il pescatore non ha bisogno della “Legge” della pescagione, o come il cacciatore non ha bisogno della “Legge” della cacciagione.

Ogni creatore di beni necessita solo della sua immaginativa morale e si muove in conformità a questa.

Il “Nòmos”, la “Legge”, non serve alla creatività umana perché la creatività umana può creare la “Legge”,  ma non viceversa.

Oggi è necessario più che mai rendersi conto che questa prassi che si vuole imporre alla vita economica è qualcosa che le è del tutto estraneo, e che pertanto può solo devitalizzarla.  

Quasi sempre, chi parla di programmi per riformare l’economia o addirittura di rivoluzionarla per dare lavoro a tutti è, tutto sommato, un puro e semplice politico che vive nel pregiudizio secondo il quale ciò che ha imparato in ambito politico vada bene anche per l’amministrazione dell'economia.

Ma un risanamento del ciclo economico può aver luogo solo se l’economia è studiata e gestita a partire dalle sue condizioni di vita specifiche, così come queste risultano anche dalla logica di realtà presente nell’etimologia del termine “economia”.

I riformatori politicanti dell’economia vogliono solo che sia la gerarchia di uffici centrali detta “Stato” a stabilire cosa dev’essere prodotto e cosa dev’essere studiato a partire dalle scuole elementari fino alle università.

Tanto la cultura, quanto l’intera produzione degli Stati è così subordinata a una gerarchia di amministratori politici.

E questo è il succo della maggior parte delle idee di riforma economica del presente.

Non ci si rende conto, o non ci si vuole rendere conto, che con simili riforme non si può che restare all’odierno livello di crisi senza eliminare i danni che, al contrario, non possono che crescere a dismisura.

Ogni socializzazione di questo genere può solo portare distruzione, e non può produrre niente di proficuo per il futuro.

Oggi l’Europa si sta reincarnando nell'URSS proprio a causa dell’amministrazione politica dell'economia, e in base a leggi che l’economia non ha in sé, dato che “nomòs” non è “nòmos”!

Carestia e suicidi sono dovuti alla intromissione forzosa della politica nell’economia.

Basti pensare che in questi tempi di crisi conclamata “la Comunità europea concede un indennizzo per la distruzione degli agrumi in eccesso” (G. Falcone, "Cose di Cosa Nostra", Ed. Rizzoli, Milano, p. 144).

Se per la logica economica ciò è giustificabile, dato che rendendo rara una merce la si rende più cara, ciò non dovrebbe essere giustificato per il diritto. La logica economica non dovrebbe coincidere con quella giuridica, dato che quest’ultima dovrebbe implicare il concetto di uguaglianza fra gli uomini.

Se i bambini muoiono di fame, se i genitori si suicidano, e se i politicanti dell’economia di Stato in combutta coi legislatori fanno in modo di incentivare la distruzione degli agrumi (questo è solo un esempio), significa che il concetto di uguaglianza per questi ultimi non vale, dato che costoro evidentemente si sentono diversi...

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  • : Blog di creativefreedom
  • : Musicista, scrittore, studioso di ebraico e dell'opera omnia di Rudolf Steiner dal 1970 ca., in particolare de "La filosofia della Libertà" e "I punti essenziali della questione sociale" l'autore di questo blog si occupa prevalentemente della divulgazione dell'idea della triarticolazione sociale. http://digilander.libero.it/VNereo/
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